Jeffrey, John, Matt, Chris & Tyler son cinque ragazzi da Marshalltown, Iowa. Uno Stato che è l’emblema del Midwest rurale, quello dove puoi viaggiare on the road per miglia e ritrovarti immerso in lande desolate, campi di grano e cittadine dalle modeste dimensioni che sembrano abbandonate al loro triste destino.
Siamo all’inizio degli anni 2000 e loro incominciano a muovere i primi passi con un fulmineo 7” EP di tre pezzi. Artwork che gioca su una scala di grigi e la fotografia di due cappi per l’impiccagione. Scarno, essenziale, vecchia scuola. Si presentano al mondo come Modern Life Is War, un monicker eloquente che negli anni a venire diventerà, a ragion veduta, un nome di culto/seminale nella scena hc. Già, perché se ultimamente stiamo assistendo alla renaissance di quel mix letale (e vincente) di melodia e rabbia incontenibile lo si deve principalmente a loro che da pionieri sono diventati il simbolo di quel certo modo appena citato d’intendere l’hc nel nuovo millennio. S’arriva così alla prima fermata fondamentale: My Love. My Way.
2003, dieci pezzi (nella ristampa Deathwish verranno inclusi i brani dell’EP), 25 minuti scarsi per creare il capolavoro. La frenesia domina, tutto il lavoro è una miccia esplosiva che una volta accesa non si può più fermare, si aspetta solo il momento della detonazione. Il leitmotiv sarà un continuo alternarsi di attimi granitici, rocciosi che sfociano nella furia più cieca con delle distorsioni che s’inaspriscono sempre più. La svolta però la si ha quando i Modern Life Is War all’interno di queste strutture prettamente hc punk irrobustito decidono di prendersi un break. Rallentano, i riff non si fanno così serrati e inseriscono nel loro dna una componente melodica contagiante che va a plasmare il proseguo d’ogni composizione, che sia essa più riflessiva, cadenzata oppure a deflagrare in ritmiche trascinanti e killer. Solo brividi d’esaltazione, grazie anche agli interventi precisissimi di basso e batteria che in più d’una occasione sanno prendersi il giusto palcoscenico che meritano. Il trascinatore del combo è tuttavia Jeffrey Eaton, il suo graffiato infatti è un pugno nello stomaco continuo. Un ragazzo che rigurgita continuamente ogni dissapore immaginabile di una generazione confusa, persa in un limbo difficilmente identificabile. Un fallimento costante, rapporti umani che scompaiono, l’anomia di un mondo grigio, un presente insostenibile urlato con la delicatezza di un caterpillar che demolisce le rovine di un palazzo. Ma la soluzione c’è e la risposta si trova in “First & Ellen” : my love. my way. [..] we overcome. we push ahead.
Una band che non si sfalderà minimamente tanto che nel 2005 si riproporrà su livelli altissimi, se non superiori con il magnifico “Witness” e metterà in gioco se stessa con un album più ricercato e meno immediato come “Midnight In America” due anni più tardi. Tre album che li consacrano definitivamente, ma è proprio qui che la loro storia si interrompe bruscamente visto che nel 2008 decidono di sciogliersi. Dei ragazzi che amano suonare e nient’altro, così si son sempre definiti nelle varie interviste, con un’attitudine che è merce rara di questi tempi e coerenti alla loro linea di pensiero. “We are leaving soon, but the future is unwritten”, un’affermazione che lascia una flebile speranza che si concretizzerà solo nel 2012 quando giungono voci che la lineup originale (in Midnight In America Chris e Matt non c’erano) si sia riformata e abbia scritto nuovi pezzi nello scantinato di John. La Deathwish lo ufficializza il 1 aprile con un’ironia non indifferente, con il dubbio di un pesce d’aprile ben orchestrato, ma arrivano le conferme e i Modern Life Is War annunceranno ben presto “Fever Hunting”, il nuovo album, per il settembre 2013. E’ definitivo, la caccia iniziata con “My Love. My Way.” riapre.
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