L'etnografo francese Marc Augè definisce la nostra condizione attuale con il termine "surmodernità". Ovvero l'eccesso di tempo, l'eccesso di spazio e l'eccesso di ego. Di queste tre figure Augè si occupa principalmente dello spazio. Aeroporti, centri commerciali, autostrade, parcheggi sono luoghi monotoni abitati da solitudine, assenza di pensiero e di relazioni. Sono i "non-luoghi" dove il transito viene accompagnato da un senso reiterato di abbandono. Forse anche le città, le periferie e i quartieri in cui viviamo sono diventati non-luoghi ma questo è un altro discorso. Un'ipotesi possibile è che la loro moltiplicazione porterà al collasso del sistema sociale. Quando e come i non-luoghi crollerano non è dato a sapersi. Forse di questi eventi noi non saremo testimoni. Ma possiamo oggi ascoltare la più credibile colonna sonora di quello che resterà quando la polvere si sarà alzata. Si chiama "Remembranza" e proviene da Tijuana, città limbo tra Messico e Stati Uniti. L'autore è Fernando Corona aka Terrestre già paladino del progetto avant-techno-folk Nortec Collective. Incantevole in molte delle sue produzioni sotto lo pseudonimo Murcof Corona offre una musica che satura l'ambiente di una tensione emotiva dal fascino notturno. Un prezioso composto, sospeso e rarefatto, di percussioni minimali, scariche elettriche assortite, timidi accordi di piano e struggenti aperture sinfoniche. Un suono epico e decadente che provoca ricordi ancestrali. Rimembranze, appunto. Luoghi e non-luoghi della memoria. Immagini di ciò che non siamo più. Suono replicante. Cinematografico. Post Blade Runner. Aperto alle visioni di ciascun ascoltatore. Chi scrive ci "vede" Solaris di Tarkovskij. Laddove le trame d'archi che emergono dal tessuto elettronico richiamano la visione del pianeta-magma dove si materializzano i pensieri e i desideri di ogni individuo. "Remembranza" suona qui e altrove. Nel passato perché dimostra di aver assorbito in modo magistrale le conoscenze dei maestri. Nel futuro perché è dotato di virtù compositive che vanno oltre. Oltre l'algebra ambientale di Brian Eno. Oltre l'ermetismo eclettico di scuola Warp. Oltre gli acquerelli sintetici dei Boards of Canada. Oltre il pathos compositivo di Craig Armstrong. Oltre ma non in luoghi inacessibili.

Questa è musica che reclama un ascolto partecipato ma niente affatto ostico. Musica contemporanea che si lascia indossare come un vestito dell'anima. Perché, in fondo, è tutto un problema di sguardo. Di spostamento del nostro sguardo. E i non-luoghi ritornano luoghi. Da ascoltare e tramandare ai posteri. Semmai ci saranno.

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