Che due coglioni immensi le prime righe. Che due coglioni non sapere da dove partire e come fermare il frullatore cerebrale pieno di cose da dire. E cose da dire, su un film come The Tribe, ce ne sono parecchie. Strano per un film che non "dice" niente dato che, per chi non lo sapesse, il film è interamente realizzato nella lingua dei segni Ucraina, senza sottotitoli, senza voiceover, senza vocaboli d'ausilio.
Per un sempliciotto come me, è facile che ci si spaventi con una premessa del genere. Così come è facile che ci si rimangi tutto una volta inghiottiti da una possibile furbata commerciale, gridando al capolavoro.
Per fortuna The Tribe non è nè noia, nè furberìa. Uscito nel 2014, presentato a Cannes, suscitando prevedibile clamore e hype, si presenta come una novità assoluta, raccontando una microsocietà, raccontando violenza, raccontando i rapporti attraverso il contatto fisico e l'impatto visivo dei gesti, con una sincerità disarmante.

Non si tratta di una storia recitata con la lingua dei segni, ma della storia del nuovo arrivato Sergei in una struttura formativa dedicata interamente a ragazzi-studenti sordomuti, o più nello specifico, del suo ingresso nella gang che regna e detta legge all'interno dell'istituto.

Passando frettolosamente e prematuramente al giudizio globale, non si può prescindere dalla scelta di stile, dalla provenienza degli attori, e da altri fattori incisivi, per poter valutare complessivamente il film in questione, così come è stato che ne so, per Cesare deve morire. Anche qui siamo di fronte ad una prova vera, tutto il cast è composto da attori non professionisti realmente sordomuti, abituati a far parlare il proprio corpo e a trasmettere l'intera gamma di emozioni che l'umano ha a disposizione.

Senza spoilerare troppo: il film si apre con un'inquadratura statica su una fermata dell'autobus, che mostra il protagonista chiedere informazioni ad un passante. Lo spettatore è immediatamente bloccato, ovattato, non sente, non capisce, si spaventa. Solo col piano sequenza a seguire intuirà che stava chiedendo informazioni per raggiungere l'istituto in cui si svolgerà la maggiorparte della pellicola. La vera forza del film è nella comprensione narrativa:

è impossibile comprendere interamente i dialoghi, ma non c'è un solo punto della sceneggiatura che riesca a sfuggire, e non c'è un solo punto della sceneggiatura spiegato nell'immediato. Come se ogni sequenza spiegasse quella precedente. E la sensazione di smarrimento che permea il film è alternata all'empatia che si crea coi protagonisti, non appena capiamo cosa sta per succedere o cosa è appena successo.

Quando l'integrazione scompare completamente ciò che resta del contatto è esclusivamente il confronto fisico, specie per degli adolescenti che adolescenti non sono stati e forse non saranno mai.

In sostanza fate occhio, perché qualcosa per i deboli di stomaco in questo film c'è. In sostanza fate occhio, perché l'orecchio serve a poco.

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