Dedica alla celluloide del Belpaese:

"Il cinema italiano è una grande sfera intraducibile, che ha navigato sotto mille ponti diversi, ed ha vissuto tanto in bocche di personaggi famosi e indimenticabili quanto di personaggi più anonimi e semplici. Ed è proprio questa commistione di "sacro" e "profano", di lucente e di reale, di bello e brutto, di oro e di sugo che, senza dubbio, lo ha reso un cinema eccezionalmente vivo, che si sente fin dentro la pelle. Perché è casa nostra."
(Ennio Martucci- comparsa di Cinecittà)

Dopo il periodo del neorealismo, gli anni chiave della pellicola italiana furono senza dubbio la fine degli anni cinquanta/inizio sessanta e la prima parte dei settanta. Al primo gruppo possiamo associare lo splendido "I Soliti Ignoti" di Mario Monicelli (1958) e il suo brillante seguito "L'audace colpo dei soliti ignoti" (1959). Ora dietro la macchina da presa c'era finito il buon Nanni Loy, per farla breve quello che ha introdotto la Candid Camera in Italia. E se il film di Monicelli "odorava" ancora molto di neorealismo, questo sequel a mio parere comincia ad acquistare anche nuovi elementi, tendendo verso una più evidente forma-commedia, aprendo così a quella che qualche anno dopo sarà una formula collaudata per moltissimi film italiani.

I personaggi della storia sono sempre gli stessi: Gassman, Salvatori, "Capannelle", "Ferribotte" e Claudia Cardinale,  ad eccezione purtroppo di Marcello Mastroianni, che nel primo film era stato grandioso, e di Totò, che aveva impersonato il grandissimo Dante Cruciani(!). Tuttavia una ventata di novità è portata dall'ingresso di Nino Manfredi, qui meccanico di periferia, che sarà determinante nella trama del film e nelle gag. Perché proprio quest'ultime, le Gag, la fanno da padrone; e se nel complesso qualcosa sembra calato rispetto al primo episodio, tuttavia l'incalzare continuo delle battute e delle invenzioni e la perfetta organizzazione dei tempi e dei dialoghi non fanno rimpiangere nulla. Il film risulta eccezionalmente vivo, e a mio parere resta uno degli episodi italiani migliori di sempre per il suo genere. La telecamera appare forse meno interessata all'elemento"realista", ma fa il suo dovere, immergendo ovviamente il tutto in un collaudato mondo di bianco e nero. In effetti il realismo viene da sè in questi film: le espressioni delle comparse, i paesaggi di periferia, le reali condizioni di povertà dei quartieri, le vecchie zone di Roma che oggi sono completamente diverse (ho ben presente dove si trovava la casa di Capannelle, vicino alla odierna stazione tuscolana). E' questo il bello del vecchio cinema italiano, che la vita del paese è stata messa su pellicola, immersa in situazioni reali di personaggi "reali". E il fatto è che la "scintilla magica" si è accesa da sè. Come diceva giustamente Ennio Martucci: è un cinema che "si sente fin dentro la pelle".

La trama non è arzigogolata: c'è semplicemente che i nostri eroi non hanno un soldo, come sempre, e una rapina alla macchina che trasporta i soldi del totocalcio sembra davvero una soluzione perfetta. C'è che Mario e Carmela devono sposarsi e Ferribotte li tiene comunque d'occhio, ammonendoli in continuazione ("… . Attenzione! Non facciamo pan grattato!… "); c'è che Capannelle esagera sempre col cibo nelle trattorie e poi non paga ("… A Capannelle gli è venuto un infarto alla panza, e sta in ospedale!…. . "); c'è che Gassman ha scaricato la servetta del primo episodio e ora si fa di nuovo convincere a fare un lavoretto poco pulito; resta solo da contattare i vecchi compagni di sventure. E queste sventure arriveranno puntuali una dopo l'altra, in tutti gli scenari in cui la storia è ambientata: Roma, Milano, stazioni del treno, corse in auto e, nel finale, in piazza S. Giovanni Bosco vicino alla Tuscolana. Nel 1960 lì c'erano ancora i "pecorari" che giravano con le pecore, come si vede nel film; oggi sono stati sostituiti da pischelli sedicenni con le nike che si danno la punta con le loro macchinette a bassa cilindrata… . Già! Erano altri tempi.

Da ricordare infine scene memorabili come la lettura di Gassman del menù del pranzo di Capannelle (… caffè, ammazzacaffè… … . Facioli co' le cotiche!… ); la scoperta leggendo il giornale che forse possono essere rintracciati dalla polizia("… Sono romani e non milanesi!! Ce semo!!"); la scena epocale di Gassman alla fine del film sulle strisce pedonali (che non cito per non rovinarvela). Tutto questo è stato il cinema italiano, che ha respirato e vissuto a contatto con la gente; il cinema che, come disse Ennio Martucci: "… è casa nostra. " E che ancora oggi sta navigando sotto qualche ponte. O almeno ci prova. Incrociamo le dita.

 E che una cosa sia chiara: Ennio Martucci non è mai esistito. Ma in fondo è come se lo fosse, no?…. .

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