La recensione contiene spoiler

La struttura in tre atti è un classico della narrazione cinematografica, e The Crying Game di Neil Jordan la segue con precisione quasi scolastica. l Primo Atto è il Set-Up con la presentazione dei personaggi e dei motivi scatenanti della vicenda. Il Secondo Atto, la parte centrale del film, è lo sviluppo drammatico e il Terzo Atto è la risoluzione finale. Peccato che in questo caso i risultati non siano all’altezza delle ambizioni.

Il Primo Atto ci presenta Jody, soldato britannico con accento americano (Whitaker), sedotto da una Jude, terrorista poco credibile (Miranda Richardson) e rapito da militanti dell’IRA che sembrano più boy scout che spietati combattenti. Fergus (Stephen Rea), il più apatico del gruppo, stringe un legame improbabile con Jody, che prima di morire gli chiede di trovare la sua ragazza a Londra.

Iniziato come un dramma, il Primo Atto deraglia velocemente per il tono frivolo delle confidenze tra Jody e Fergus.

Nel Secondo Atto, Fergus cerca Dil (Jaye Davidson), la misteriosa compagna di Jody. La trova in un locale arcobaleno, dove canta con aria da diva, sfoggia minigonne e una certa aria di superiorità. Nonostante la mascella squadrata e le mani enormi, Fergus necessita di prove tangibili per scoprire che Dil è un transgender, e lì il film sfodera il suo “colpo di scena”, oggi più imbarazzante che sconvolgente. L’IRA è sparita dallo sfondo e il film ha cambiato tono, come se cercasse facili applausi per la sua "trasgressività".

Il Terzo Atto prova a tornare al thriller politico con il ritorno di Jude, ma ormai è troppo tardi: Fergus è un sonnambulo, Dil una diva egocentrica, Jude quasi ridicola nonostante il travestimento da femme fatale e la tensione è crollata. Il finale pretende redenzione e profondità, ma suona forzato e manipolatorio.

La trama dovrebbe essere - in teoria - moderna e toccante, ma se lo spettatore prova irritazione per l’IRA da operetta e l’egocentrismo e arroganza di Dil, allora vuol dire che - come al solito - non ha capito niente e manca di empatia, perché il senso critico - per alcuni - è indice di mancanza di sentimentalismo.

The Crying Game gioca a stupire lo spettatore e a farlo sentire colpevole se non applaude. Ma la verità è che la sua “modernità” è compiaciuta, la scrittura sconnessa e le interpretazioni mediocri. Un film che promette di scuoterti e finisce per irritarti.

Il titolo italiano, La Moglie del Soldato, può evidenziare un certo panico per il lancio sul mercato di un prodotto dove non ci sono mogli e dove il secondo atto non doveva essere prevedibile in alcun modo, perché tutto il valore del film risiedeva nel tentativo di spiazzare lo spettatore.

(A margine: Stephen Rea, interprete di Fergus, nella realtà sposò davvero una terrorista dell’IRA. Realtà forse più interessante della finzione.)

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