Eccolo, il disco gemello di "The Stage Names", album che solo un anno prima (2007) aveva confermato gli OR come uno dei talenti indiscussi dell'indie-rock a stelle e strisce. Diciamolo subito, non si tratta di semplici outtakes del fratello maggiore: i brani di questo "Stand Ins" possiedono peso e dignità proprie. Provate ad ascoltare l'incipit, "Loast Coastlines": impossibile rimanere indifferenti alla sezione ritmica saltellante, all'assolo di banjo, alle trombe, a quel coretto "na-na-na" che ti entra in testa al primo ascolto. Provate a metterla su di domenica mattina, appena alzati: vi riconcilia col mondo.

Come sembrano lontane qui le atmosfere cupe e malate di "Black Sheep Boy": il disco prosegue all'insegna di un alt-country à la Wilco ("Singer Songwriter"), sempre allegro e solare. I ritmi rallentano un pò nella parte centrale , con "Starry Stairs" (ancora stupendi fiati che sorreggono la voce di Sheff nella parte centrale del brano) e con la magnifica "Blue Tulip": piano e organo hammond in gran evidenza, voce che ci trasporta in un refrain dove la sofferenza, questa volta, è palpabile. E quando tutto sembra finito, ecco la batteria che carica, ecco le chitarre, che ci fanno salire sempre più su, sino alla fine del tunnel. Brano emozionante, da pelle d'oca. Immaginatevi un improbabile incrocio Cure-Neil Young-American Music Club, e avrete un idea del pezzo in questione.

La seconda parte del lavoro si mantiene su buoni livelli, con una menzione particolare per il pianoforte che sorregge "On Tour With Zykos", davvero superbo, e per il commiato "Bruce Wayne Campbell", caratterizzato da una melodia vocale struggente, in cui il resto della band fluttua in un saliscendi di pieno-vuoto, donando al brano una dinamicità davvero particolare.

In definitiva, siamo davanti ad un lavoro molto vicino nei suoni e nelle idee al precedente "The Stage Names": c'è aria di pacificazione, di obiettivi conseguiti, di sicurezza nei propri mezzi. Un pò come era successo ai già citati Wilco ai tempi del fondamentale "Yankee Hotel Foxtrot", o ai seminali Pavement (fatte le debite proporzioni) con "Crooked Rain, Crooked Rain": arriva il momento in cui sprigioni tutte le tue potenzialità, in cui ti rendi conto di poter essere un numero uno. Se "The Stage..." e "The Stand..." fossero usciti insieme, come doppio lp, staremo a parlare di capolavoro dell'indie-rock.

Occhio anche ai testi di Will Sheff: l'album è incentrato sulle diverse modalità percettive che scaturiscono dai  rapporti tra fan e artista, ma la particolarità sta nel come sono scritti; le strofe e i ritornelli non vengono mai ripetuti, generando un flusso simile alla stesura di un racconto.

"He gets close, but i choke. Take your shit, take your clothes and get out of my home. I want you to love me or i want you long gone."

Anno: 2008

Etichetta: Jagjaguwar

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