"Il sonno della ragione genera mostri" dipingeva Goya...
"Shining" di Kubrick rappresenta forse l'apoteosi maggiore su cui gioca quest'espressione, dove l'essere umano tende a impazzire quando, in condizione di isolamento sociale, e senza input di svago in alternativa all'abitudine, inconsciamente dà valore sempre più assoluto e incorruttibile alle sue azioni cercando, piano piano, prima di contrastare e poi sopprimere ciò che non concorda o si oppone al suo agire e ai suoi voleri.
Questo "The experiment", diventato cult in patria tedesca, senza meriti equivalenti all'estero, sembra in parte riproporre la formula, sostituendo all'hotel un bunker sotterraneo. Si simula la vita carceraria con gente comune che, divisa in guardie e prigionieri, e sotto compenso, deve convivere con le rigide regole della galera per 2 settimane, monitorata. C'è chi vi partecipa per bisogno economico, chi per diletto, c'è il soldatino-spia di turno. Concettualmente è un trattato psicologico di quanto l'uomo riesce a autoconvincersi che il suo operare, rivestendo un ruolo ben preciso, non rappresentando se stesso, debba subordinare qualsiasi concezione razionale dell' esistenza.
Il film, se dalla sua ha una sceneggiatura e alcune forzature nella trama (dopo l'abbandono del professore è lecito aspettarsi perdite di autocontrollo!) che non fanno gridare al miracolo, si avvale però sia di una fotografia magistrale, claustrofobica che proietta lo spettatore nei meandri di tensione (e si fa portavoce in prima persona delle turbe psichiche che conducono ai "mostri" dell'ultima mezz'ora) sia di 2 interpretazioni magistrali, quella di Moritz Breibtreu (Terek) protagonista/cavia prigioniero, di carattere sovversivo e altruista, che tenta di stabilire un clima anarcoide nell'esperimento, e Justus von Dohnanyi (Berus) antag./cavia guardia, freddo e calcolatore(scontato?), la cui para-filosofia perversa tenderà a influenzare gli atteggiamenti oppressivi delle altre guardie, che si sentono sempre più messe alla prova dal sistema organizzatore, che non trovano motivo di prosecuzione se non quello di alimentare la propria nevrosi attraverso un crescente desiderio di soppressione e annientamento, unica ragione che deve, apparentemente, colmare le lacune lasciate dal quesito esistenziale del film : Bisogna davvero obbedire alle leggi imposte dall'alto, considerando la minima forma di corruzione e disubbidienza come infangamento della morale umana?...O forse,invece, bisognerebbe esitare, pensare?... Se si scavalcano i limiti spazio-temporali che 2 ore di pellicola possono offrire, i parallelismi con le SS, specie nei processi di formazione-naufragio cognitivo, non si contano...
Insomma...nel mondo attuale, è impensabile la minima forma di convivenza/autogestione sociale fra individui o fazioni diverse in tempi prolungati, anche nelle piccole cose, perché ognuno la pensa a modi e cazzi suoi...il declino è inevitabile. Quattro stelle e mezzo per i difetti non trascurabili, ma il coinvolgimento, la sensazione di "esserci" è enorme, ed è ciò che ancora pochi film riescono a dare...5 e sipario. VEDETELO
P.s. tratto da una storia vera.
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