“What a difference a day makes”, fa una romantica canzone di Dinah Washington. E, davvero, che differenza con l’interpretazione del giorno precedente.
Più tranquilla e quindi più sicura, Alessandra Celletti suona il suo Salmo permettendosi in numerosi punti di discostarsi dal cd. Come ha detto Guido Traversa in apertura, nella creazione ogni cosa deriva da un’altra, della quale è partecipe ma dalla quale si differenzia. Questa è la musica di Alessandra e, come Dio, che ha creato assegnando peso e misura (Sapienza, 11-20), Alessandra segue con cura e attenzione lo svolgersi della sua creatura.
Il livello di quest’incontro è stabilito dalla semplicità forte e nobile del ritornello, del quale si avvertono gli echi in altri momenti di quest’ora fuori dal tempo, perduta nel velluto verde di un piccolo teatro di una stradina quieta nel cuore di Roma. E’ un lungo monologo che Alessandra offre col cuore in mano ma con il caratteristico riserbo: rare le enfasi, rari i momenti in cui il dramma di vivere si riveli apertamente. Lei è così: non ha segreti (magari qualcuno, forse, ma di scarso valore), e non si riconosce in espressioni estreme. La sua musica, semplice ma con le ali, concentra in un raggio che illumina con delicatezza il palco l’attenzione di tutti e 52 gli ascoltatori (contro gli 80 di ieri, ma domani è Pasqua).
Di nuovo, “Raccoglici insieme” si impone come uno dei brani più riusciti del cd, acquistando nella resa dal vivo il tono di una supplica accorata. In “Ci legava” riconosco gli intervalli dei “Pini” e delle “Fontane di Roma” di Respighi. “Ognuno ha steso”, con le sue caratteristiche soluzioni, è quasi degna di “Glassworks”. La ragazzina dai capelli rossi si è presentata, come ieri, in un burka (senza elmo e visiera, però) a rigone verticali cangianti, con una pettorina in stile arabo con tanto di pennacchi. Il collegamento con qualcosa di religioso è stato istantaneo. Sentendosi più distaccata, mi ha commentato, ne è risultata un’interpretazione più omogenea, più chiara. Forse. Tutto l’ambiente era diverso.
Mentre s’esce s'ha la sensazione di far parte d’un armonico insieme: l’aria d’aprile fresca, l’azzurro della notte profondo, l’ anima di questo concerto sentita. Perfino la faccia tonda e curiosa della luna s’affaccia, tra tetto e tetto, chiedendo cosa sia successo. Per un momento, tutto è come dovrebbe essere, per un momento è chiaro a tutti noi che la speranza esiste, perché ci ha appena consolato per un’ora intera. La vita è fatta di momenti.
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