(N.d.R.: scritto per il giornalino scolastico... mi scuso quindi se per alcuni lettori risulti incompleto)

Addirittura i giornalisti di importanti testate nazionali si dedicano quasi solamente a lui: il mondo gira attorno a Johannes Chrysostomus Wolfgangus Theophilus Mozart, nell’anno del suo 250° anniversario. Orchestre di tutto il mondo propongono esecuzioni delle sue composizioni, spuntano prime registrazioni mondiali di diverse opere, le case discografiche distribuiscono in tutti i negozi di dischi l’integrale del genio di Salisburgo; anche il V canale della Filodiffusione della Rai gli dedica diverse ore di trasmissione al giorno. Niente da obbiettare sia chiaro: Mozart fu ed è tuttora un genio, una figura fondamentale, uno dei padri della musica classica, cui è universalmente riconosciuta la creazione di opere musicali di incommensurabile valore artistico. E ci mancherebbe altro!

Diceva Giuseppe Sinopoli (direttore d’orchestra compianto, nonché compositore di una delle più importanti opere del nostro secolo, la Lou Salomé) che la musica di Mozart è perfetta, tanto da non poter essere eseguita. E di fatto Sinopoli (anche per propria – condivisa – passione personale) si dedicò quasi interamente ai compositori del 900, padri, per così dire, di una nuova musica, eseguendo di Mozart solamente due lavori per orchestra. Ma di fronte alla enorme realtà di Mozart, spesso si dimentica che quest’anno si celebrano anche altri anniversari di numerosi compositori, tra i quali primeggia quello di Dimitri Shostakovich.

Dimitri Shostakovich nasce a S. Pietroburgo il 25 settembre del 1906, frequenta il conservatorio della città diplomandosi nel ’23 in pianoforte e due anni dopo in composizione. All’inizio della sua carriera si dedica all’avanguardia musicale, dopo aver seguito diverse lezioni di compositori contemporanei, la abbandonerà presto per comporre ispirandosi direttamente alla musica romantica, prima, ma specialmente a Mahler, poi, ma senza rinunciare alla possibilità che la musica del 1900 gli offre: nuovi suoni, nuovi strumenti, ed orchestre riformate. Il suo linguaggio musicale in ogni caso, come spesso avviene con i compositori russi, si rifà alla tradizione ed alla cultura russa. Fu una delle più importanti figure della musica moderna russa e ricevette diversi riconoscimenti sia a livello nazionale che internazionale. Ebbe un travagliato rapporto con il governo sovietico: subí infatti due denunce ufficiali a causa delle sue composizioni: la prima nel 1936, la seconda nel 1948 e i suoi lavori furono periodicamente censurati (Il balletto “Lady Macbeth” fu definito “caos anziché musica”, mentre le sinfonie 4 ed 8 furono a lungo aspramente criticate, perché si allontanavano parecchio dalla divisione di una sinfonia romantica, e per l’uso di forme irregolari). Tuttavia rimase uno dei compositori sovietici più popolari della sua generazione, ricevette numerosi riconoscimenti e servì il consiglio supremo sovietico. Il suo catalogo è molto vasto, e comprende la bellezza di 15 sinfonie numerate (delle quali la più famosa è la VII “Leningrado”, mentre la XII è alla memoria di Lenin, ed infine le numero XIV e XV sono interamente dedicate al tema della morte), sei concerti per più strumenti solisti ed orchestra (di cui due bellissimi per violoncello), musica per il teatro, per il balletto, per il cinema. Diverse suite di impianto jazzistico-sinfonico, in cui prevalgono contrasti, leggere dissonanze e soprattutto divertite melodie, spesso grottesche.

E in memoria di Shostakovich si è tenuto a Milano, presso l’auditorio Gustav Mahler, in data 22 settembre, un bellissimo concerto; l’orchestra Verdi di Milano ha deciso di inaugurare non solo la propria stagione ma l’orchestra stessa, da poco fondata, che vanta come direttore onorario Riccardo Chailly e come direttore emerito Rudolf Bashai, uno dei più grandi interpreti della musica del compositore di S. Pietroburgo, con tre composizioni di Shostakovich. L’orchestra è stata molto ben diretta da Vladimir Jurowski, uno dei direttori stabili della neo-orchestra sinfonica. La prima composizione eseguita è stata di gran lunga quella più rilassata e divertente: prima esecuzione Italiana della suite per grande orchestra dal titolo “Hypotetically Murdered”, op. 31 (quindi come vedete una delle prime composizioni, fortemente debitrici di una musica moderna, complessa strumentalmente). Nella composizione, divisa in più tempi e veramente fantastica, forti richiami alla musica jazz; una partitura densissima, complicata, e pletorica sotto molti punti di vista. Chiaro segno di ciò è un’orchestra d’archi numerosa, fiati al gran completo, con una bellissima tromba solista in più punti, e l’utilizzo di un organico percussivo eccezionale, che comprendeva ogni genere di strumento, dai canonici timpani, all’inusuale batteria, insieme ad un gong cinese, ben due tam-tam (due piccoli gong sospesi), campanellini, xilofono, grancassa, tamburo basco, un gran bel paio di cembali, woodblocks ed addirittura un fischietto. Nascosto nell’orchestra anche un pianoforte. Una partitura molto piacevole e divertente, come ho detto, che ricorda non solo la musica di Gershwin, ma forse ancora di più quella di Bernstein, ed in modo particolare l’eccezionale “West Side Story”, specialmente appunto per le percussioni e per i toni che con incredibile facilità passavano da clowneschi a leggeri, fino ad arrivare a melodie più impegnate.

E dopo un inizio esilarante, a lungo applaudito, si passa ad una partitura di maggiore spessore, di ascolto ancora più complesso; questa volta l’orecchio non si stanca per l’organico di percussioni insistente, ma per la complicata melodia, intessuta dal violino nel “Secondo Concerto per violino ed Orchestra”; esce di scena il pianoforte, e si aggiungono agli archi altri contrabbassi e qualche doppiobasso. Pressoché assenti questa volte le percussioni, eccezion fatta per un tamburo basco, timpani e un piatto sospeso “preso in prestito” dalla batteria, che intervenivano in fortissimo in più punti del secondo movimento, unito con soluzione di continuità al primo. Bravo il violinista, Boris Garlitsky, impegnato in un concerto ricco di sonorità, nel quale il violino è spesso impegnato a suonare sulla doppia corda.

Chiude il concerto una ottima esecuzione della “VI. Sinfonia”, anche questa per grande orchestra; bellissimo il primo movimento, un “Largo” molto toccante, arricchito da innesti di arpa quando il dialogo degli archi, principalmente, si faceva meno pressante. Un movimento lungo e abbastanza lento, seppur piacevole, seguito però da un secondo movimento in “Allegro”, ed un gran finale in “Presto”. Bellissimo il secondo movimento, che quasi in crescendo passa da un inizio per così dire “Allegro ma non troppo” fino a giungere prima del finale e di una ripresa del tempo dell’inizio del movimento, ad un fortissimo per tutta l’orchestra, annunciato dai timpani che suonano con ferocia, e da un gran colpo di gong.

Allegro e piacevole il “Presto”, eccezionale per la costruzione, e per la ripresa da parte del primo violino dopo un nuovo fortissimo d’orchestra in cui ancora una volta sono le percussioni a prendere il sopravvento, del tema annunciato dagli archi all’inizio. E tra disegni piacevoli e concitati tracciati dagli archi, si snodano melodie ancora una volta clownesche affidate ai legni, fino all’arrivo della fanfara falsamente seria degli ottoni. Rocambolesco il finale, con timpani in fortissimo, che si sono guadagnati un grande applauso alla fine della sinfonia per la difficoltà della loro parte, “principale” a fine sinfonia, e veramente complicata. Un concerto molto applaudito.

Il programma dell’orchestra Verdi è consultabile su Internet e quest’anno, un po’ come per La Scala, si dedica ai compositori del novecento, tra cui Holst, Richard Strauss e gli americani più gettonati tra cui Gerhswin e Bernstein, con una rarità di uno dei padri della musica classica americana, Robert Russell Bennett.

 

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