Questo trio è formato da artisti molto differenti fra loro. Diverse personalità, diversi stili e background musicali e diversi i suoni che li contraddistinguono. Fra le carriere artistiche dei tre c'è una difformità somigliabile vagamente solo ai cappelli ed ai vestiti che indossano nel retrocopertina.Non hanno bisogno di presentazioni: Les Claypool, voce e bassista dei Primus, Trey Anastasio, chitarrista e cantante dei Phish ed ultimo, non certo per classe e fama, Stewart Copeland dei furono Police. Un po'come i numeri speciali in cui gli eroi dei fumetti danno vita ad una super-avventura, come una storia con Colombo di Altan, Zanardi di Pazienza e Topolino. Un po'come mischiare tartufo, aragosta e cioccolata in una unica portata riuscendo comunque ad avere uno squisito gusto ed una digeribilità da insalata scondita. Ed è proprio questo che i tre fanno: la fusione fra loro è una miscela che funziona, e più che andare a cercare la sparata ad effetto ed il virtuosismo creano un disco veramente godibile e vario e, non dico commerciale, ma comunque assimilabile anche da chi non ama né i Primus né i Phish né i Police.Quindi non stiamo parlando del classico supergruppo che antepone l'ego smisurato dei singoli, non c'è la fastidiosa battaglia a chi è più bravo; certo hanno tecnica da vendere e lo sanno, ma vanno oltre, la misurano e la mettono a servizio dell'efficienza dell'insieme. Ascoltare per credere...

Il disco inizia con "Little faces", intro con una chitarra filtrata e sospetta, aspetti venti secondi ed ecco entrare ride e rullante suonati in modo che può sembrare pressoché confuso, poi il basso malvagio, quasi fuori luogo di Mr. Claypool. Parte il tema, batteria che tiene un tempo bastardo con semplice charleston e rullante suonato di stecca... le voci non sono belle nel senso classico ma sono riconoscibilissime ed inimitabili, quasi biascicate e si intrecciano fra loro in strofa e ritornello. Il basso fa da padrone e la chitarra timida rifinisce in modo mai banale con motivetti ipnotici. Il treno delle prime tre canzoni scorre via veloce, i ritmi sono trascinanti ma mai indiavolati, più alla Primus di "Brown Album" che altro. "Shadow of a man" riprende le atmosfere più cupe di "Pork Soda" ed insieme alla title-track sono gli episodi meno ascoltabili (e meno riusciti) dell'album. In "Radon Balloon" e "Birthday Boys" Trey imbraccia la chitarra acustica e le atmosfere si fanno quasi country; "Pseudo Suicide" inizia funky e continua Sabbath ed in "Army's on ecstasy", sull'incalzante ritmo in levare, c'è uno dei pochi, gustosi assoli di chitarra. "Polka Dot Rose" è venata di Est-Europeo e la parte di basso, assieme a quella di "Rubberneck Lions", potrebbe essere di un Raul Casadei in piena botta. I testi sono improntati molto sull'umorismo e sul surrealismo, venato qua e la anche di anti-militarismo (quanti -ismi nell'ultima frase!).

Nel complesso colpisce soprattutto la varietà dei pezzi, troppo diversi fra loro per venire a noia. Ai primi ascolti si rimane folgorati dall'impatto delle prime tre canzoni che funzionano quasi da incipt semplice di qualcosa che si rivela via via più intricato e vasto di quello che ci si aspettava. Il disco è uscito nel 2001 per la Elektra e, che io sappia, al momento non è previsto un seguito.
Se volete un consiglio spassionato, se lo trovate, visto che ho provato a cercarlo per un regalo ed è fuori produzione, ascoltatelo e non ve ne pentirete. Parola di lupetto.

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