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Tra il 2020 e il 2021 mi sono imbattuto in uno scrittore ungherese, Lazlo Krasnahorkai. In questi ultimi giorni del 2021 mi sono imbattuto in uno scrittore rumeno, Mircea Cartarescu. Notevoli le differenze, un triplice motivo ritorna, però, nei poderosi volumi dei due scrittori: la caduta dell'idealità; la spietatezza del cosmo senza rassicuranti abbellimenti, quale folle lucidità; individui che muovono nel fango, tra realtà, sogno e pazzia, disgustosi epperò meravigliosamente umani. Esiti del tracollo di una possibilità di mondo diversa dal tentacolare capitalismo?
Un frammento di quel meraviglioso e indescrivibile oggetto narrativo che è Solenoide di Mircea Cartarescu (il Saggiatore, 2021):
"risciacquo più volte quella sostanza schifosa e poi comincio a pettinarmi sopra il lavandino con la porcellana splendente di pulizia. E a un tratto i parassiti cominciano a cadere, due, cinque, otto, quindici... Sono piccolissimi, ognuno contenuto nella sua goccia d'acqua. A fatica riesco a scorgere i loro corpi con l'addome dilatato e tre zampine, che ancora si muovono, su ogni lato. Il loro corpo e il mio, così come mi ritrovo, nudo e bagnato, chino sul lavandino, sono fatti degli stessi tessuti organici. Hanno organi e funzioni analoghi. Hanno occhi che vedono la stessa realtà, hanno piedi che li portano nello stesso mondo infinito e incomprensibile. Vogliono vivere, così come lo voglio anch'io. Li allontano dalle superfici del lavandino con un getto d'acqua. Scendono giù attraverso i tubi, arrivano nelle canalizzazioni sotterranee" (p. 20).
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