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Ramblings From Green To Green

Se la prima ondata neo-garage traeva ispirazione da musiche e dischi usciti quindici/venti anni prima ed era già catalogata come nostalgica, chissà come verrà interpretata la scelta di molti protagonisti di rimettere mano agli strumenti trent’anni dopo. Ultimi in ordine di tempo gli inglesi Beatpack, autori di un bellissimo album e di una fulminante sequenza di singoli sui quali reinterpretavano in maniera fanatica il nederbeat, il maximum R ‘n B europeo e il garage punk. Il nuovo album, che arriva a dieci anni da una reunion che aveva fruttato un poker di singoli, esce in trecento copie per i tipi della Spinout Nuggets, talmente poche che neppure Discogs si è aggiornato in tempo reale, e torna a soffiare su quelle polveri anche se l’approccio è adesso meno febbrile e più studiato, con ben otto musicisti coinvolti e l’innesto di strumenti esogeni a quella miscela e che mostrano un parziale allargamento di prospettiva verso il freakbeat e l’elaborato barocchismo del tardo beat. In questa direzione vanno certamente pezzi come Five O’Clock Sunday Morning, Endless Halls of Her Reflections, Footsteps, Echo, Poor Old Billy Wren. La strada maestra, quella tracciata da band come Outsiders e dai primi Yardbirds e Pretty Things, non viene tuttavia affatto abbandonata, anzi. Viene percorsa in lungo e in largo su pezzi come Or So It Seems, All Good Things, Black Sea Tobacco Pose, Winter’s Child, Money in My Pocket, Rambling from Green to Green, trovando anche inedite vie di fuga laterali e labirintiche intersezioni che rendono la scaletta vivacissima e ricca di sorprese.

I bacchettoni si tengano le loro valutazioni sulla nostalgia e tornino a dormire sui dischi di indie-rock. A noi per ora lasciateci godere questa mezz’ora in compagnia dei Beatpack.
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