Sono brutti sporchi e cattivi anche in Cile, verso la fine degli anni 70.

E devono stare molto attenti a come si muovono, che la polizia di Pinochet non scherza.

Poco più su invece c’è L’America: ricca, sfavillante, brillante, sorridente.

C’è John Travolta che impazza: bello e balla come un dio.

Facciamo il concorso scrauso in TV. Troviamo un surrogato, un sosia di John Travolta, anzi di Tony Manero. Anche noi vogliamo ammalarci di febbre al sabato sera.

Raúl Perralta è un poveraccio, un disoccupato sui 50. Raul è ossessionato da Tony Manero. Anche se ha il doppio dei suoi anni è convinto di essere lui il sosia perfetto.

Raul si iscrive al concorso e vuole vincere ad ogni costo.

Raul è brutto e sporco ma soprattutto è cattivo. E non ci sono giustificazioni, chè se vivi nelle fogne mica devi per forza essere più spietato e brutale di un animale.

La parabola infernale in cui si cala il nostro è agghiacciante. Ucciderà per meno di un pugno di dollari.

La seconda opera di Pablo Larrain, dopo il sontuoso e controverso “Fuga”, è un film amarissimo e crudele. Sporco, graffiante e graffiato. Lercio e sfocato nella confezione, sembra quasi un documentario.

Alfredo Castro, co-autore della sceneggiatura è l’attore protagonista, è Tony Manero. La sua prova attoriale è eccezionale, indimenticabile. Un uomo ambiguo, marcio e disperato che se ne va a braccetto con la follia in una totale assenza di emozioni. Un mostro alienato ed alienante, solo contro i suoi fantasmi ed in questo ricorda un altro Tony anch’esso di bianco vestito, il celeberrimo Tony (alpacino) Montana di Scarface.

Farà le sue prove coadiuvato da un corpo (sciolto) di ballo in un sordido intreccio mamma figlia e padrona di un infimo locale di quart’ordine. Un bel piatto di merda fumante servito espresso da un manipolo di sub-umani che non hanno niente, a volte manco la dignità, ma che, disperati, si aggrappano ai sogni (manco tanto d’oro) che le illusioni e la speranza sono gratis.

Gran film.

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