Una serata di malcelato egocentrismo

"Che donna eh, Paolo?" mi dice il biznesmèn vicedirettore generale del kombinator del lago Bajakal.
"Fuori dell’ordinario", gli dico io.
Paolo Nori – Ente Nazionale Della Cinematografia Popolare

Era il 1999 e probabilmente la mia vita, vista da fuori, non era poi molto diversa da adesso.
Vista da dentro sinceramente era un cesso.
In quel periodo avevo una palio nera che a ripensarci non lo so nemmeno io quanti soldi di gasolio c’ho speso. Era una macchina calcolatrice. Il pieno bastava giusto da distributore a distributore.
Mica facile.
Ma questa è un’altra storia.
E un giorno mi prenderò la briga di scriverle tutte, queste altre storie, magari un pezzo di questa e uno di quella, magari.
Oggi di storia ne ho una ben precisa da raccontare. Una storia con inizio e una fine. Non proprio, ma non è il caso di star li a fare il puntiglioso. Non oggi.

Era il 1999 e nella mia palio nera suonavano gli Scisma.
Una cassetta registrata da un cd. Una cassetta che si squagliò dentro il porta oggetti delle mia palio nera nell’estate del 2000. Era il 1999 io mi immergevo alle Maldive.
Era il 1999 io pensavo di aver capito tutto di me e invece non avevo capito niente.

Domenica 19 Marzo 2006, una giornata di pioggia e nuvole grigie e di agnello arrosto e una bottiglia di vino che impregna le mie dita. Viola, ma non di smalto.
Passo la giornata a casa. Ho messo a caricare la macchina fotografica, ho preparato un foglietto e un lapis. Stavolta voglio fare le cose sul serio. Stavolta me le scrivo le canzoni.
Stavolta voglio avere qualcosa di più concreto oltre le mie emozioni, che poi lo so che tanto mi fregano.
Dormo anche un po di pomeriggio, che stasera voglio essere proprio in forma.
Mi vesto, la mia gonna da fatina che piace tanto ai bambini.
Faccio un salto ad una festa di battesimo che sembra un matrimonio. Proprio bella festa.
E poi mi ritrovo a San Pancrazio io l’Alfa, il maestro e un navigatore satelitare sbussolato.
Perché non lo so se ti è mai capitato di giudare guidato da un navigatore satellitare. Sono quasi esperienze di vita. Specialmente se ti guida in una strada che te non conosci.
Non ti resta che fidarti. Lui ti fa fare tutte le strade più assurde da San Pancrazio fino a Sansepolcro.
Ma alla fine ci arrivi a Sansepolcro. Alle 22.26 in Via Cherubino Alberti 36 al Circolo Metamultimedia.
Puntualissima alle 22.26 proprio come ti aveva detto il navigatore satellitare appena partiti.
Sembra un miracolo. Perché quella strada che ho fatto ieri sera non la ritroverei nemmeno se avessi avuto una tanica di vernice rossa che gocciolava durante il percorso. Giuro.
Entrerà nella leggenda. Mi ci vedo già ottantaduenne, coi capelli grigi e la mantellina sulle spalle che racconto a Giulia Jr di quella notte di marzo con il cielo scuro e senza stelle, quella sera in cui attraversai paesi e boschi, in cui credevo di essermi persa, quella sera in cui giunsi in un posto sconosciuto e mi accorsi che in quel posto c’era contenuta una parte molto importante di me.

Il circolo è in una stradina buia senza lampioni. C’è una piccola porta a due battenti marroni, un pavimento di cotto di quelli vecchi, in cui puoi vedere il punto preciso in cui passano le persone. Di quelli lucidi. Di quelli delle case vecchie. C’è un corridoio con una stanzetta, dentro ci sono loro. Sorridono. Passo oltre e arrivo in una stanza. Piccola. Sai quelle stanze dietro le chiese, una specie di quelle.
Un bancone e davanti il palco.
Un posto modesto. Un posto che mi piace a pelle. Un posto di quelli che ci stai bene dentro.
Ci sono dei divanetti bassi. La gente c’è appoggiata sopra. Un po stratolata forse. Tipo quando ero piccina e guardavo i cartoni che mia mamma mi diceva che se non sto attenta mi viene la scoliosi.
(fanculo mamma... ora posso dirtelo).
Non faccio neppure in tempo a togliermi il giubbotto che loro entrano passandoci in mezzo.
E salgono.
Dire che il palco è essenziale è già troppo. Ci sono due punti luce e poi le stesse luci che al concerto di Prato. Le chitarre e la tastiera la batteria.
Una pedana di legno e degli specchi, qualche cassa.
Prendo il mio foglietto.
Il concerto comincia con “Schiena“ un pezzo nuovo.
Questo mi era piaciuto già la prima volta che l’ho ascoltato. Mi piace il testo e anche la musica.
Delle quattro canzoni nuove era quella che mi aveva colpito di più a Prato.
Neanche una parola e partono subito con “Cerchi nell’acqua”. Una canzone a cui sono molto legata.
E Poalo comincia a tessere di nuovo il mio mondo.
Non è poi così difficile in questo contesto estraniarsi dal resto.
Sono in piedi subito dietro i divanetti, nessuno para la mia vista. Loro distano non più di tre metri da me. E’ troppo semplice far sparire tutto il resto e sentirmi da sola. Avvolta da me.
Non è strano incotrare i loro occhi. Non so cosa vedono loro. Ma so cosa vedo io.
L’aria è rossa e calda, la musica è a un livello perfetto.
Segue “Mani” una canzone nuova. Anche questa ha un testo davvero bello. Ora non mi chiedere come fa.. ma lo so che è bello... ce l’ho scritto sul mio fogliolino..
“Mani“ (nuova) testo bello.
Si continua “Mare verticale“ che canto davvero con gusto..
Le persone si muovono nelle poltroncine. Passa un tipo con un vassoio con sopra da bere, tipo a casa quando chiami qualcuno che ti porti l’acqua. L’atmosfera è speciale, intima, famigliare. Non so spiegare, ma sembra una di quelle domenicha mattina di quando sei piccolo che sei in casa e hai tutto quello di cui hai bisogno intorno a te.
Poi la prima vera perla “Sono suggestionabile” Una versione veloce che già a Prato mi era piaciuta un sacco. Paolo salta e si agita. E’ fantastico.
Il mio fogliolino riporta “ Suggestionabili” veloce – folleto.
Mi entusiasmo. Il cuore mi martella forte. E il mio mondo è già completo alla quinta canzone.
(Meglio di qualsiasi Dio)
“Profumo” Altra canzone nuova.. “nel silenzio i tuoi vestiti parlano” così bello che lo scrivo per non dimenticarlo.
“La verità fa male“ Anche questa nuova, a Prato non mi aveva colpito poi moltissimo.. riascoltandola la cosa cambia. La musica di questa mi garba parecchio.

Finisce la canzone , Lui non parla non dice niente. Le persone sono appese alle sue labbra. Gli sguardi son tutti catturati da lui. E lui canta. Si ferma giusto un attimo per ringraziare, il minimo per respirare. E riparte con una musica lenta.
La riconosco all’istante, “Quando passa lei” .. non resisto e nel foglio annoto: cantata superbamente. Che se ci penso agli aggettivi che mi vengono in mente a volte ci rido. Superbamente. Meno male che non ho scritto: con molto Pathos. Mi ci immagino nel semibuio a scrivere pathos mentre Paolo urla u-uuuhhhhhhh aaaaa.
Segue “Centro” una delle canzoni che amo di più in assoluto. In assoluto significa fra tutte quelle scritte dagli Scisma e non. Parte subito dalle parole una versione diversa dall’oroginale. Le chitarre di questa canzone sono uno dei tormentoni più resistenti della mia mente. In questa versione veloce forse perdono un po ma sotto le senti e rientrano in loop. Adoro queste mie ricorrenti fissazioni. La parte strumentale di questa è veramente da incastonare. Love supreme.
Dopo di che si ferma e si strasforma in un giullare.
Ci racconta che per una sorta di allucinazione collettiva noi sentiamo in Italiano ma in realtà loro sono un gruppo armeno, o transiberiano... o tibetano.. o non so... insomma... sono confusa, mi perdo.
Ho sete, forse è per quello. E’ che insomma mi piacciono queste allucinazioni. E’ che vorrei avere un bottone, dentro l’ombelico magari, e poterlo premere a mio piacimento per riaverle.
E a pensarci bene se avessi un bottone dentro l’ombelico lo premerei mentre sono in salotto.
Che così glielo faccio io un po di casino a quella di sopra, che così la smette di camminare con gli zoccoli a gennaio. Con un impiantino decente e loro nel mio saltotto gli zoccoli gli si fanno arrivare in Pratomagno tutto di botto. Interessante opzione. Casomai mi devo ricordare di togliere i bicchieri dalla vetrina, prima di premere il pulsanteombelico.

Poi parte con “In dissolvenza” questa vera perla da intenditori.. che difatti devo concentrarmi per capire da dove proviene..
Finisce e gli altri scendono dal palco. Lui rimane da solo e dopo aver silenziosamente imprecato contro una chitarra inizia “Catherine”. Riesco a malapena a respirare. Riesco a sentire la mia voce che canta insieme con lui.
Questa canzone mi commuove sempre troppo. Troppo. Parte con la sola chitarra e poi si arricchisce con gli altri strumenti. Proprio come quella sera alla Flog a Novembre.
Dopo di che si esibiscono gli Gnù Pettegoli.
Uno spettacolo con pupazzi parlanti giullari narranti che improvvisano e prendono il sopravvento. Una sedia che sta per cadere, un bacio per interposto leccalecca.
Rido. Sorrido.
E’ stupido da dire. Ma mi sento a mio agio in questo posto.
E legato a questo momento una versione di “ Troppo poco intelligente “ in cui Paolo ancheggia cantando, in cui tutti sono così ironici che il tutto rimanda un immagine surreale fantastica.
Fantastici. Io impazzisco per questa cosa.

Cocacola
Pepsicola
Ossoduro
Vaffanculo

Poi è il momento di “Simmetrie”. Ho una lacrima in bilico sulle ciglia. Il suo ecquibrio non dura poi molto. Questa cosa è vorticosamente dentro di me. Descrizione calzante.

Fanno finta di andare di nuovo e di nuovo: ANCORAAAA

Il concerto finisce con una delle loro canzoni più dolci. Come a volerci lasciare una carezza, come mia nonna che quando stavo per andare via mi accarezzava i capelli e mi dava un bacio sulla fronte.
Che poi lo sapeva che tornavo il giorno dopo, ma lei me li dava lo stesso.
”E’ solo un sogno”

Mi dici che sono cambiata, che non capisci quali sono le mie priorità.
Io me lo ricordo com’ero nel 1999.
E io lo so come sono adesso, forse non ho capito tutto. Forse non ho capito niente.
Ma sò perchè nutro così tanta ammirazione per queste persone.
Non è facile prendere le proprie fragilità e analizzarle e deve esserlo ancora meno farne il proprio punto di forza. E quando capita di ritrovare negli altri lo stesso tipo di sensibità che riconosco in me stessa è impossibile non sentirsi attratti. E’ impossibile non ammirare chi riesce a fermare delle immagini così nitide di se stesso da donarne una perceazione reale anche altri.

”Non sono così pochi gli esseri sensibili, ma spesso questa sensibilità si riduce solo a un'estrema
vulnerabilità, all'avere una pelle indifesa, al non essere indifferenti
a ciò che li circonda, anche la più piccola. Ma tutto questo quasi
sotto una luce negativa. come se fossero costituiti solo di fasci di
terminazioni nervose. Tu invece, per quanto aperta e nuda nei confronti
di tutto, elabori le tue sensazioni e le tue emozioni, e se esiste sai
far emergere il bello dentro ogni singola cosa. E la cose più incredibile è che - non essendo per l'appunto una persona semplicemente sensibile - sai comunicare quello che senti.”

Questo è quello che riesce a fare Paolo Benvegnù.

Un concerto che ho apprezzato tantissimo.

E dentro una stanza in un posto che credevo mi fosse sconosciuto ho visto la parte di me che voglio assolutamente coltivare.

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