"When I was just a little girl I asked my mother what will I be. Will I be pretty? Will I be rich? Here's what she said to me..."

C'è qualcosa di strano nella Multiple. Certamente il prodotto che si occupa di sponsorizzare e vendere, un apparecchio capace, pare, di depurare l'acqua, può vantare una credibilità piuttosto dubbia, ai limiti della truffa, ma non si tratta solo di questo. La Multiple è ben altro che una semplice azienda. I dipendenti, rigorosamente divisi in donne - centralino e uomini - impiegati, vengono sottoposti ad un vero e proprio programma di plagio. Balli e canti per cominciare bene la giornata, premi in palio al miglior lavoratore (valutato in base al numero di clienti che riesce ad accalappiare), la capo reparto Daniela sempre pronta all'incoraggiamento professionale ed esistenziale (del tipo: perché siete persone...? Speciali! Ed avete un lavoro...? Speciale!). A questo inferno si legano indissolubilmente le vite di Marta, la protagonista, laureata in filosofia con il massimo dei voti e finita anche lei nei meandri della Multiple, di Sonia, una ninfa plebea, volendo citare il saggio, giovane e sbalestrata madre centralinista, di Giorgio Conforti, un sindacalista sognatore...

Paolo Virzì ci ha abituati bene, non c'è che dire. Già da "Ovosodo" bisognava aspettarsi sempre meglio ed ora che siamo (o almeno sono) in trepidante attesa del suo prossimo "La prima cosa bella" ci rivediamo (o almeno mi rivedo) "Tutta la vita davanti", ottava pellicola del cineasta livornese. Basato sul romanzo "il mondo deve sapere" della blogger Michela Murgia, che tra l'altro ha anche collaborato alla sceneggiatura, il film affronta un tema piuttosto scottante di questi tempi: il precariato. La storia di Marta è affine a quella di molti altri giovani italiani. Lascia la terra d'origine con le migliori aspettative ed opta per una facoltà dai difficili sbocchi lavorativi; coraggiosa, speranzosa, o folle? Diversamente da altri suoi colleghi, non ha dalla sua un danaroso papà ma una madre ammalata di cancro. Il call center della Multiple sembra essere l'unica via da intraprendere, fortuna vuole però che Marta abbia un cervello. E così, mentre da un lato cerca di dare il meglio di sé anche come centralinista, raggiungendo un discreto numero di clienti abbordate, Marta comincia a riflettere sulle analogie fra gli impiegati della Multiple e i concorrenti del Grande fratello, alla luce del pensiero di Heidegger.

Ovviamente Marta e la Multiple rappresentano un semplice spunto, una partenza dal particolare per raggiungere una soluzione universale. Qual è l'elemento in comune fra gli impiegati di una qualunque azienda e i concorrenti di un reality? Essere calati in una realtà (ri)fatta di sorrisi a tutti i costi, di ilarità ed entusiasmo senza senso, essere coscientemente coinvolti nelle dinamiche dello sfruttamento e se qualcuno osa dissentire, va incontro ad un licenziamento - eliminazione in pianta stabile. La famigerata e tanto odiata "casa" (A proposito, ma lo sapete che nel Regno Unito "The big brother" ha chiuso battenti? Siamo davvero rimasti gli unici in Europa a guardarlo e quindi a difenderlo dai cali d'ascolto?) così come La Multiple sono un luogo di repressione, in cui non conta nulla di ciò che davvero si è, l'importante è seguire un copione, penetrare in una realtà finta fingendo che sia vera. E' la verità dentro la verità. Mi si permetta un paragone, oggi scrivo a ruota libera. E' un po' come la ricerca di Dio in Bergman. Ne "Il silenzio" il tumultuoso rapporto fra le due sorelle in viaggio lungo una terra devastata dalla guerra altro non è che un'immensa metafora per esprimere l'angoscia esistenziale generata dall'aver smarrito se stessi nella ricerca di Dio e la conseguente paura della sua assenza. Allo stesso modo gli uomini e le donne della Multiple vengono illusi di un futuro che non esiste, alla ricerca del quale hanno abbandonato ambizioni e desideri, fino a perdersi.

Isabella Ragonese nei panni di Marta è impeccabile. L'attrice siciliana, la cui carriera comincia ad ingranare la marcia (Fra le protagoniste di "Viola di mare", da non sottovalutare) è perfetta nei panni della studentessa ingenua e fiduciosa, brillantemente messa a confronto con il suo più scaltro fidanzato che dopo una laurea in fisica parte per gli States, dal solare inizio, quando siede contenta dinanzi alla commissione d'esame, fino all'ultima scena, quella del pianto consolatorio fra le braccia di una vecchina truffata dalla Multiple. Ma i livelli sono alti dappertutto. Micaela Ramazzotti regala una struggente interpretazione di Sonia, così come Ferilli - Daniela, di nuovo in coppia con Ghini dopo "La bella vita", il sindacalista Valerio Mastandrea e l'impiegato Lucio, Elio Germano, tutti personaggi ai limiti, che cercano inutilmente di trattenere paure, ansie, timori fino ad esplodere in un inevitabile delirio (addirittura un omicidio). Cameo di Caterina Guzzanti.

Cerchiamo di non dare definizioni a questa pellicola. Evitiamo per una volta di dire che Virzì è l'erede della commedia all'italiana, perché Virzì è uguale a se stesso, evitiamo di ingarbugliarci in acrobatiche definizioni del tipo commedia nera, dramma satirico e quant'altro. Questo è un film di Virzì e basta. Una favola grottesca sul precariato, come lascerebbe intendere la dolce voce narrante di Laura Morante, una drammatica vicenda che cerca di camuffarsi in una commedia, ottenendo sinistri risultati, un ritratto corale, originale e meditato su una delle più urgenti problematiche attuali. Vengono impiegati diversi registri stilistici, tutti perfettamente dosati. Una delle migliori uscite cinematografiche italiane degli ultimi tempi. Grazie al cielo, almeno un regista con stile ce l'abbiamo.

"Que sera sera whatever will be, will be..."

Carico i commenti... con calma