Roma al centro di un "bestiario" di personaggi e luoghi internazionali; così come vario è, questo disco, nelle sonorità, nei modi e nelle intenzioni. Non smarrisce la vena il mai scontato Paolo Zanardi nel suo secondo disco, "I barboni preferiscono Roma", opera varia e complessa, quasi disorientante, con al centro il cantato maturo, ironico e originale del cantautore di origini pugliesi.
Come già detto, in contrasto agli imperanti indie-rock ed elettro-pop, Zanardi apre la strada ad un modo di far musica se pur non anticonvenzionale, quanto meno personale, difficile da definire, pieno di riferimenti e accorto musicalmente. Meno elettronico e cupo rispetto all'esordio (il bello e sconosciuto "Portami a fare un giro"), il disco diventa più complesso, conservando alcune caratteristiche: le ritmiche andanti e trascinanti di alcuni pezzi, gli arrangiamenti iper-curati, i suoni puliti. E l'abilità descrittiva, scanzonata, e un po' fuori dal mondo di Zanardi, che scopre personaggi sempre nuovi, rassomiglianti a tratti a quelli raccontati dai Baustelle (ugualmente maledetti e poetici, forse questi meno moderni e più sani), pur descritti in maniera profondamente diversa.
La prima parte è fatta di ritmiche coinvolgenti (pur intramezzate da pause malinconiche) e sonorità etniche, con strizzatine d'occhio di gusto caposseliano. L'inciso di "Piazza Vittorio" è notevole, Roma scorre davanti agli occhi in un ipotetico carnevale di tutti i giorni, senza che nessuno possa dichiararsene protagonista, il pezzo non annoia mai; dalla magia finta a quella vera (o viceversa?) della affascinante e sospesa "Houdini" il salto è breve, così come vera è la sensazione di trovarsi sott'acqua a respirare il nulla (appunto alla "Canzone a manovella" di Capossela); come ben evidenti sono le matrici popolari slave nella bella e dolce "Tatiana". Fra i due pezzi "Isola", una sfuriata elettrica di 1'30", bell'attacco, ritmo sostenuto, ma tutto qui, forse l'unico momento sottotono del disco. Arriva poi "I barboni preferiscono Roma", title-track e manifesto poetico coerente, sguardo su di una Roma malinconica e in rovina (ma pur sempre ipotetica caput mundi), ammorbidita da una chitarra dolcemente distorta. Cui segue "Zazerkaljie", pezzo scanzonato e ballabile, testo scorrevole e ritmica martellante: elogio all'essenzialità.
Poi arriva la prima svolta. Con "Gli ultimi giorni di Pompeo" gli sfondi ritornano indeterminati, i protagonisti riconoscibili, i suoni più sfumati e intimisti; ed è un pezzo molto bello, con una voce cattiva e al tempo stesso comprensiva. Che prepara la strada ad un bel trittico di personaggi: la triste "Lady Lazarus", con una bella ( e inaspettata) chitarra retrò a metà pezzo (eppure si tratta di un banale riverbero ben usato, vedi le cose semplici? ); l'affascinante (e anni '80) "Playboy", il più baustelliano dei personaggi e la strana "Rapina ad un distributore di benzina", schema classico-cronicistico per un pezzo avvincente che però, non decolla completamente (peccato perché la struttura permetteva qualche intrigante azzardo elettronico).
Prima di uno straordinario finale, l'ennesima svolta propinata dall'imprevedibile Zanardi: se "Salsedine" intriga (meraviglioso il passaggio da chitarra distorta a pianoforte) ma è solo una pur bella via d'entrata, ci pensano le ultime due tracce a gelare il cuore e svelare radici in tradizioni cantautorali da appassionati e, al contempo, in sonorità ricercate e variegate. La meravigliosa "Torpignattara blues" (un gioiello!), parole striminzite e perfette ricalcate da un tema di chitarra profondo e malinconico, che apre la via ad un viaggio nella memoria sospeso in un'originalissima commistione tra essenziali spunti blues, vie elettroniche e sonorità vagheggianti orientali. Mentre la modernissima (musicalmente) conclusione "Suite" gela il cuore, con i suoi suoni ruvidi e graffianti, amari e sospesi, supportati da un recitato (sì, Zanardi recita anche...) che diremmo alla Massimo Volume, non fosse che la vena è più dannatamente fiumaniana, nella descrizione di un'immensa corsa vitale verso l'ineluttabilità del futuro.
Ecco a voi: Zanardi, quando pensi di averlo incontrato e conosciuto, subito dopo ti sfugge via.
Elenco e tracce
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