L'armonia di una comitiva di studenti, prossimi alla maturità classica, viene fortemente compromessa da un incidente in motorino del "trascinagruppo" Marco, che finisce in coma. Gli amici, con il supporto del primario della clinica, della caposala e dei genitori del ragazzo, gli si stringeranno intorno per riportarlo alla vita ma l'aspetto di maggiore rilevanza è che, solo attraverso questo tragico episodio, i personaggi si scopriranno a tutto tondo tramite delle piccole confessioni nella stanza in cui si trova l'amico, rivelando paure e segreti. Sarà un'occasione di riavvicinamento per i genitori divorziati e un'opportunità per tutti i suoi compagni di sfogare liberamente il proprio lato più cupo ed emotivo.

La trama della seconda pellicola di Pasquale Falcone nei panni di regista potrebbe essere facilmente sintetizzata con la frase che segue: "Gli equilibri di un gruppo di amici vengono scombussolati dalla morte o dalla prospettiva della perdita di un caro". La cinematografia italiana e mondiale si è già espressa numerose volte, talora con eccellenti risultati, riguardo il tema di cui sopra (Da "Saturno contro" a "Non ti muovere" passando per "Le invasioni barbariche" e "Il gruppo") ma Falcone segue coordinate diverse rispetto ai lungometraggi citati, forse più ampie e articolate. I personaggi si fanno carico di diverse problematiche attuali (Eutanasia, divorzio, violenza familiare, sicurezza sulle strade, aborto, suicidio) lasciando allo spettatore dei validi spunti di riflessione che, però, su celluloide restano abbozzati. Questo catastrofico caleidoscopio, coniugato ad una regia quasi televisiva, incrina lievemente un giudizio del tutto positivo sul film, ma vale la pena dare uno sguardo ad altri aspetti di altrettanta grande importanza perché limitarsi a questo vorrebbe dire penalizzarlo.

In primo luogo gli attori. Se la presenza di stelle quali Ornella Muti (nei poco convincenti panni della professoressa schierata con i giovani), Maria Grazia Cucinotta (Caposala e già produttrice), Maurizio Casagrande (Primario) e Claudio Coccoluto (Ospite alla festa di fine anno organizzata dagli amici di Marco e idolo di quest'ultimo) sembra essere ficcata a forza per dare una patina glamour alla pellicola, la restante parte del cast riesce a non farsi intimidire dai big. Rosaria De Cicco ci regala un'interpretazione straordinaria nei panni della madre di Marco, riflessiva e nevrotica, malata d'amore per il figlio moribondo; Pasquale Falcone, il padre, si dimostra a suo agio sul set e fa appello a tutta la sua esperienza di cabarettista e attore teatrale rimanendo a galla. I livelli di recitazione dei ragazzi che impersonano la scolaresca sono piuttosto buoni, su tutti spicca la simpatica Federica "lesbicona" Ferro. Nei panni del protagonista Marco c'è Paolo Albano, attore alle prime armi (Come tutti gli altri ragazzi. Da notare: non sono dei professionisti), che recita solo nei primi venti - trenta minuti ma che, come si avrà avuto modo di intuire, assume una rilevante funzione narrativa. Il protagonista effettivo della storia, o meglio colui che fa le veci del capogruppo, è Vincenzo Falcone, figlio del regista e sceneggiatore Pasquale, in linea con i livelli generali ma non proprio encomiabile quando fa il verso a De Sica ("'Na cafonata!"...quello che c'è basta e avanza.). I dodici ragazzi del film dimostrano affiatamento e coordinazione, come suggerisce la scena iniziale della seduta spiritica in cui emerge uno spirito goliardico e cameratesco, quasi da setta massonica, ricordando i giovani de "L'attimo fuggente", ma questa è un'altra storia.

Il film scorre con piacevolezza, si lascia guardare con facilità e punta diritto al cuore dello spettatore proprio grazie alla spontanea genuinità intrinseca al lavoro. Si è già pronti ad applicare una bella coccarda con 3\5 stelle quando alla fine della seconda parte si scade nel paradossale. La ragazza di Marco, la brava Elena Baldi, vuole gettarsi dalla finestra della stanza - confessionale lasciando un biglietto ("La vita non ha senso di fronte alla morte", banale e pietistico sfogo adolescenziale) ma proprio mentre sta per saltare giù, una telefonata del DJ, che durante una visita al suo sfegatato fan ha dimenticato il cellulare nella camera, la frena (Coccoluto dei miracoli???); Falcone jr si trova ad assistere alla performance di un coro gospel in perfetto stile Sister act, scena di cui non si avvertiva il bisogno (Svolta spirituale???) e sul finale la realtà si confonde con l'onirico, un tantino pretenzioso.

Dialoghi simpatici, personaggi di contorno che rispettano il ruolo e sanno stemperare la vena drammatica e in più può contare su delle ottime scenografie e degli esterni suggestivi (specie quelli notturni), anche merito del lavoro di Antonello Emidi, direttore della fotografia. Girato quasi interamente nella città campana di Cava de Tirreni (SA) con un budget non certo da capogiro, "Io non ci casco" è una buona alternativa ai cinepanettoni e un primo passo per segnalare quanto di potenzialmente buono ci sia nel cinema "sotterraneo". In definitiva, se cercate un film disimpegnato, che riesca a non deludere, che oscilli fra i poli opposti della demenzialità dei "Natali in non so più dove" e la raffinata drammaticità di un "Racconto di Natale", lontano dal grande cinema ma anche dalla sfacciataggine da boxoffice, benvenuti a casa.

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