Ciao Paul,

finalmente trovo il coraggio di scriverti. Da qualche anno mi  parli attraverso quella grata di parole[1] che negli anni ha costituito per te l'unica vera finestra sul mondo. Non è stato facile, lo ammetto, muoversi fra i frammenti, tra le rovine della tua disperata esistenza. Tuttavia ho cercato meglio che ho potuto di prestare attenzione, di non calpestare dove non dovevo, di seguire, quando l'ho riconosciuta, la svolta del respiro[2]. Quella che, come dice la tua voce, è in grado di rivelare la Vera natura dell'essere umano. Lo so, non è facile cogliere il significato della Parola, della Tua: soppesata, mai esplicitamente detta. Magari ho compreso un terzo di ciò che sei stato e che hai vissuto, ma io, come tu sai, siedo nella schiera dei fortunati. Tu invece no. Tu sei un sopravvissuto. E come tanti  sopravvissuti, fino alla tua tragica scomparsa, ti sei sentito in colpa. In colpa per non essere riuscito ad avvertire i tuoi genitori dell'arrivo degli squadroni nazisti. In colpa perché era tuo dovere salvarli, trovando loro un riparo, così come hai fatto per te stesso. In colpa perché DOVEVI arrivare in tempo. In colpa perché eri solo un ragazzo. Non so come ci si possa sentire. Non serve dire nemmeno che tu non c'entri. Noi non ci conosciamo.

Ma quanto avrei voluto Paul! Qualcosa ti avrei potuto dire!

Ti avrei potuto dire che comprendo benissimo l'angosciante altalena fra memoria e oblio[3], tra il voler dimenticare ed il voler ricordare, per andare avanti. Credo che sia giusto,  in fondo, voler tenere un po' delle due metà. Poiché esse ci rappresentano, nel bene e nel male. Ed è stato ammirevole e coraggioso da parte tua, se posso dirlo, aver scelto di mantenere il tedesco come idioma lirico nonostante non fosse la tua lingua madre. Ti fa onore aver voluto ricominciare, creandoti una famiglia, sostenendo le passioni della tua adorata moglie. E sebbene anche in momenti di grandi riconoscimenti tu sia stato ferito, non hai perso la voglia di gettare una luce obbligata[4] sul grigiore della tua breve esistenza.  Vorrei ricordare la tua vita e la tua opera attraverso quello splendido messaggio che traspare dai pochi versi di una delle tue liriche a me care. Devo ringraziarti per la forza con cui sei riuscito, in poche parole, a rappresentare con una significativa progressione verticale, la necessità di sollevarsi, di travalicare ogni scongiura, ogni credo, e di continuare a coltivare ad ogni costo il culto della Speranza. 

Grazie ancora Paul

 

Filamenti di sole[5],

sopra lo squallore grigionero.

Un pensiero ad altezza

D'albero s'appropria il tono

Che è della luce: ancora

Vi sono melodie da cantare

Al di là degli uomini.



[1] Grata di parole "Sprachgitter", 1959

[2] Svolta del respiro "Atemwende", 1967

[3] Papavero e memoria "Mohn und Gedächtnis", 1952

[4] Luce coatta "Lichtzwang", 1970

[5] Filamenti di sole "Fadensonnen", 1968

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