Quel che conta, per Paul Chambers, lo si capisce dopo i primi attimi della prima traccia, "Minor Run-Down". Più della velocità, del virtuosismo (che ovviamente non manca), conta il feeling. Un disco come "Quintet" è tutto incentrato sul feeling. C'è virtuosismo, certo, ma con un senso dietro, non sono note casuali, non è uno show di bravura. Perchè c'è un altro modo per far capire di essere il migliore, ed è suonare musica che abbia senso, che comunichi qualcosa.

Paul Chambers si circonda qui di grandissimi musicisti (Elvin Jones, Tommy Flanagan, Donald Byrd e Clifford Jordan), musicisti che sanno il fatto loro, ma soprattutto sanno sempre quando fermarsi, sanno che c'è un limite da non valicare, e loro rimangono dentro, ed è lì che si divertono, che creano la loro arte. Questo vuol dire essere un musicista, più di essere ipertecnico e iperbravo, quel che conta è il trasmettere, è il feeling. Come si suona, oltre a cosa si suona. Prendete Clifford Jordan per esempio, e il suo assolo su "The Hand Of Love" (uno dei due pezzi, insieme alla conclusiva "Beauteous", scritti da Chambers). Un assolo semplice, ma c'è consapevolezza, ci sono idee, ci sono le note giuste e solo quelle. Non c'è bisogno d'altro. Basta poco, basta fermarsi al momento giusto per dare senso a quel che si è detto prima. Basta poco, basta un tema come quello di "Softly, As In A Morning Sunrise" suonato come si deve, che so, dal contrabbasso di Mr. P.C., e la magia è fatta. E proprio in quel brano Jordan e Byrd neanche suonano, perchè a volte c'è bisogno di lasciare più spazio agli altri, alla sezione ritmica, e un brano in trio da respiro alla musica, ai musicisti, agli ascoltatori.

Cosa fa grande il jazz? Tanti sono i fattori, uno dei principali è sicuramente l'interplay, il suonare insieme, insieme davvero. Questo disco è un esempio ottimo di come si suona insieme, ascoltate, giusto per fare un esempio, il lavoro di batteria e contrabbasso sul tema di "The Hand Of Love": Elvin e Paul non fanno niente di impossibile tecnicamente, ma è una figura bellissima quella che disegnano. Insomma, questo disco è un po' così, dallo strepitoso assolo di Paul Chambers su "Minor Run-Down" (qualcosa di incredibile, credetemi) fino al contrasto fra quello di Clifford Jordan (semplicità e gusto) e quello di Donald Byrd (che ricorda il bebop), fino agli originali fraseggi e contrappunti di Flanagan, tutto è finalizzato allo swing, tutto ha un senso. "Quintet" non ha rivoluzionato la musica jazz, non era nelle intenzioni dei protagonisti farlo, ma si annovera senza problemi fra i capolavori da avere, senza pensarci troppo.

1. Minor Run-Down (Benny Golson)

2. The Hand Of Love (Paul Chambers)

3. Softly, As In A Morning Sunrise (S. Romberg, O. Hammerstein)

4. Four Strings (Benny Golson)

5. What's New (B. Haggart, J. Burke)

6. Beauteous (Paul Chambers)

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