La sera è fresca, la luce bruna nel cielo soffusa, calda. La pella scotta ancora dopo il solleone, nella notte mille stelle nel cielo sono isole irraggiungibili.

C'è un dolce sapore nel cuore, una nostalgia felice, come qualcosa che è già irrimediabilmente perduto, ma che sai ripeterà ancora dieci, mille volte. Un ricordo, una gonna che svolazza, gambe dorate che passeggiano, mani intrecciate. Una tranquilla appartenenza. C'è solo il silenzio, il chiarore della luna, occhi socchiusi che indugiano in un dormiveglia dolce e sensuale, onde del cuore che abbandonano su immense spiaggie deserte conchiglie che parlano di abissi dell'anima, cristallini, e colmi di una luce profondamente verdazzurra. Il brivido tranquillo della bossa nova.

La voce morbida di Carlos Lyra, e il ritmo tranquillamente, sensualmente estenuato del Brasile. Il suono del sax di Paul Winter che ripiegato su stesso trova sempre quella giusta morbidezza del suono. Che lo modella come in una luce d'orzo. Tranquilla, consapevole.
"Voce e Eu", solo "Tu ed io", e nulla più. Le parole di Vinicius de Moraes, morbide come petali, come curve di un seno che si intravede malizioso da un abito leggero, come morbidi fianchi da cingere con il proprio braccio. Undici canzoni come perle in questo disco.
Undici brani come perle selvagge, che sembrano tutte uguali e che invece non lo sono. Perché come ogni perla, anche ognuna di queste canzoni ha la sua luce, la sua sfumatura grigiorosea, come un cielo che si scherma con una coperta di nubi, prima di una lunga notte di brividi, di sensazioni che scivolano addosso, di carezze sul collo. Il Brasile.

Il Brasile che non è solo carnevale, non è solo danze, non è solo spiaggie, che non è solo culi che si muovono frenetici nella torcida carioca o tette sventolate al vento come trofei. C'è il Brasilek, quello vero e autentico, in questo storico disco del 1964. L'anima poeticamente sconfinata e dolcissima di questo grande paese. L'anima dell'"Ordem e Progresso". Poesia, saudade, una chitarra le cui corde sono sfiorate come una mano accarezza la schiena di una donna.
Una voce che sussurra come a cantare una ninna-nanna in "De Quem Ama", il ritmo buffonesco di "Aruanda", la dolcezza da accapponare la pelle in "Coisa Mais Linda". Il sax di Winter che fa da contraltare, quasi un alter-ego, alla linea vocale sempre pacata, dolcissimamente misurata di Carlos Lyra. Chiudete gli occhi, e iniziate a sognare.

Questo disco è splendido, levigato e sensuale come un'orchidea. E come le curve morbide e lo sguardo innamorato di una donna.

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