Apprezzo molto Ihsahn (ex Emperor) anche nella sua nuova veste da solista, ma ogni volta che ascolto questo disco penso che sia veramente un "peccatum" che abbia messo da parte questo progetto.
Il disco esce nel 2004, dopo quattro anni di silenzio, e si presenta come un'opera decisamente complessa e variegata, preziosa ma difficile da ascoltare. seguendo il cammino già intrapreso da altri guppi provenienti dalla scena black metal norvegese (quali Ulver e Manes), i Peccatum di Ihsahn e di sua moglie Ihriel (Star of Ash) abbandonano quasi completamente il metal e ci presentano in questo disco una visione più ampia della musica d'avanguardia, che trascende i generi in nome delle sperimentazioni e della ricchezza del prodotto finale.
Il disco si apre con "Desolate Ever After", in cui parti di tastiere delicate e atmosferiche, con melodie eteree cantate dalla struggente voce di Ihriel, si alternano a parti di industrial metal guidate dalle chitarre e dalle vocals di Ihsahn, che si sviluppano sopra una base ritmica di noise che ricorda i rumori delle fabbriche di robot che si vedono nei film di fantascienza.
"In The Bodiless Heart" si apre con degli arpeggi di chitarra acustica e con un basso che traccia delle splendide melodie sopra una ritmica trip-jazz. Dopo un paio di minuti alla chitarra acustica si sostituisce quella elettrica, che da un tono più rock al pezzo. questa alternanza tra parti acustiche ed elettriche si protrae per tutta la durata del pezzo.
"Parasite My Heart" inizia come un pezzo di black metal melodico, guidato dallo straziante screaming di Ihsahn. ma è questione di poco più di un minuto, poi il pezzo devia verso una composizione per pianoforte in stile abbastanza classico, cantata da Ihriel. il marito e la sua chitarra elettrica ritornano solo per il ritornello, ma in uno stile molto diverso da quello che aveva aperto il brano. La quarta canzone s'intitola "Veils Of Blue" e alterna degli arrangiamenti di tastiere che fanno un po' anni '50 a dei riff più industrial.
"Black Star" parte lenta, con una melodia tra le più orecchiabili del disco e un sottofondo quasi drone, ma lascia intendere già da subito che qualcosa accadrà. Ed ecco che, dopo circa un minuto e mezzo, esplode in una sfuriata in stile black metal, con l'immancabile screaming di Ihsahn. Il pezzo si rivela essere quello più metal del disco, con riff potenti e veloci di chitarra che la fanno da padrone per gran parte della durata della canzone, nonostante il riff lento iniziale ricompaia di tanto in tanto per spezzare il ritmo.
"Stillness" è il pezzo più cupo del disco: ottimi arrangiamenti di chitarra, un uso intelligente del noise, qualche ritmica aggressiva e un pizzico di pianoforte condcucono l'ascoltatore verso la fine di questo viaggio mentale allucinato e allucinante. A "The Banks For This River Is Night" è lasciato il compito di chiudere il disco. E quale chiusura migliore di una splendida ballad per pianoforte, malinconica e coinvolgente? Degli ottimi arrangiamenti orchestrali danno un tocco di drammaticità al pezzo, cantato interamente da Ihriel.
Insomma, un disco chiaramente non per tutti, che richiede una buona apertura mentale e numerosi ascolti prima di essere compreso e apprezzato. ma per tutti coloro i quali sono in grado di apprezzare questo genere di musica sperimentale è una splendida perla che, ancora una volta, rivela le enormi capacità e la strabiliante poliedricità di un esponente storico della scena metal estrema, scandinava e non solo.
Da ascoltare preferibilmente come ci insegnano gli Ulver: in cuffia e al buio.
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