L'angelo efebico è tornato, ma un altro disco di lagne non l'avrei digerito.
Non fraintendetemi: come potete benissimo leggere dalle altre mie due recensioni sugli album di Perfume Genius, ho amato i suoi sfoghi eterei su pianoforte e i suoi traumi infantili. Eppure trovo che se un artista dimostri un talento fuori dal comune debba evolversi continuamente, senza mai riciclarsi (e se lo fa, deve comunque mantenersi ad un livello alto) soprattutto se è ancora al terzo disco.
Potrete immaginare, quindi, il mio stupore ascoltando i due singoli di lancio di "Too Bright": "Queen" da una parte e "Grid" dall'altra. Il primo è una sospirata furia rock di impatto pressocché immediato, il secondo un bozzetto psychobilly era "Ghost Riders" che lascia subito annichiliti.
La grandezza di "Too Bright" sta già nelle premesse: ogni pezzo è un'anima a sé stante, un genere da approfondire. Eppure le undici canzoni sono sapientemente legate tra loro, senza mai deflagrare lo spirito dell'album: un'opera eterogenea ed omogenea allo stesso tempo. Dove una cavalcata synth-pop eighties dal titolo "Longpig" riesce a sposarsi bene, per contrasto, con il dramma per piano (preparate i fazzoletti) di "No Good". Un disco, nella cui tracklist, non ha il timore di proporre il beat jazzato di "Fool" pochi minuti prima di "Don't Let Them In", una sorta di saggio di danza classica di una bimba che ha esagerato con lo xanax.
L'anima e il mood sono rimasti invariata (depressione pre-adolescenziale, traumi carnali, sangue sparso sugli album di famiglia, massacro di ogni innocenza), ma il corpo è cambiato: è più adulto e non ha il timore di agire, di vendicarsi, di colpire duro.
E, a questo proposito, non si può non citare i due apici del disco: "My Body" -un'inquietante commistione superdark e supersexy tra Elvis Presley e gli Xiu Xiu prima maniera - e "I'm A Mother", ovvero l'agghiacciante suono di un uomo che sta morendo annegato salvato da un'improvvisa luce. E via verso l'eden con la chiusura affidata alla salita al paradiso con la title-track e la delicata "All Along".
Un disco che conferma e rafforza le capacità autoriali di questo ragazzo triste e problematico; un acquerello brevissimo (solo 33 minuti) che incanta, ferisce, fa piangere e, a tratti, fa pure ballare.
In attesa del prossimo varco (magari una definitiva discesa agli inferi) mi struggo sul tasto "repeat".
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