I dibattiti circa l'effettivo beneficio dei ritorni storici nel panorama metal è argomento alquanto spinoso. In pratica quasi tutte le formazioni evaporate nel corso dei '90 (o addirittura nel decennio antecedente), magari con un solo full-lenght di culto come curriculum, si sono rimesse in carreggiata nel nuovo millennio per la gioia di chi, in quegli anni d'oro, non potè assistere al fenomeno che le vide assolute protagoniste. Ma quale sarà il movente che induce a tutti questi ritorni di fiamma? Per rispondere efficacemente a questa domanda servirebbe una recensione a parte (o una sola parola), per cui meglio limitarsi ad analizzare la levatura dei prodotti che vengono pubblicati dai gruppi in questione, a loro (ma forse più a mio) rischio e pericolo. Dico questo perchè nel caso degli italo-olandesi Pestilence tutto sembra girare per il verso sbagliato, entrando così di diritto nella prestigiosa cerchia delle ''reunion pagliacciata''.

Già, perchè della storica formazione che mosse i primi passi con lo Slayer-iano ''Malleus Maleficarum'' prima e con l'abominevole bestia death di ''Consuming Impulse'' poi, regalandoci, in seguito, gli interludi sinfonici di ''Testimony of the Ancients'' (capolavoro per antonomasia della band e del Death in generale) ed il caos cosmico Fusion-Death-Jazz a nome ''Spheres'' (album così avanti che venne snobbato dal pubblico, rapito dalla malinconie Grunge), rimangono in vita solo i due chitarristi; tutto il resto è diventato ormai polvere.

Ci avevano già riprovato, dopo 16 anni, nel 2009 con il feroce ''Resurrection Macabre'', meravigliando in maniera assolutamente negativa chi se li ricordava come i capostipiti di un certo modo di interpretare il genere. A due anni di distanza ecco giungere il seguito di quello sconclusionato abominio musicale: ''Doctrine'', un lavoro imbarazzante e lontano anni luce dalle talentuose composizioni passate. Abbandonati gli esercizi di ''brutalizzazione a tutti i costi'' introdotti nello scorso come-back, qui si cercano, al contrario, i sentieri del mid-tempo più cavernicolo e malsano, provando in qualche modo a mettere di nuovo in prima fila la tecnica, la quale putroppo si trasforma ben presto in un'accozzaglia di dissonanze spesso confuse che non tarderanno (diciamo un paio di ascolti) a rendersi fasidiose e detestabili per l'ascoltatore.

Tony Choy non c'è più. Al suo posto è stato reclutato il virtuoso Jeroen Paul Thesseling degli Obscura, inspiegabilmente destinato a linee di basso o troppo prevedibili (''Divinity'') oppure esageratamente invadenti (''Absolution'', ''Deception''). Anche dietro le pelli siede un elemento nuovo rispetto a Resurrection; tale Yuma Van Eekelen, sconosciuto drummer tirato fuori dal cilindro dopo mesi di audizioni, il quale, sebbene il suono del suo rullante lasci molto a desiderare, risulta una delle pochissime note interessanti del platter. Ma l'ingrediente più vergonoso e sconcertante dei Pestilence odierni è, senza ombra di dubbio, la prova canora acida e fastidiosa che Mameli ci propina senza soluzione di continuità; una specie di ibrido tra un germano reale eurasiatico in calore ed il verso che fa un maiale prima di essere sgozzato. Inascoltabile.

Lasciando perdere lo stra-abusato concept a sfondo anticristiano che oramai non impressionerebbe più nemmeno chi ascolta Deicide e Morbid Angel da due giorni, è legittimo (e doloroso) constatare la monotonia di una tracklist mai tanto piatta e povera di spunti, che scorre (ma forse sarebbe meglio dire ''scola'') senza lasciare minimamente il segno, nella banalità più completa. Pezzi come ''Amgod'', ''Dissolve'' o la title-track dovrebbero essere sufficienti a far capire come si sono ridotti gli olandesi in questo 2011: una cover band di sedicenni che prova per la prima volta a cimentarsi in canzoni proprie. Su dieci episodi proposti sono meritevoli dalla prima all'ultima nota solo la quadrata ''Malignant'', ''Sinister'', con i suoi buoni assoli di chitarra e basso e la conclusiva ''Confusion'' (per merito di un azzeccato riff portante di scuola Thrash) che viene però irrimediabilmente rovinata dalla voce di Patrick la quale, irritante come quella di un gallinaccio che canta la domenica all'alba, non fa altro che ripetere il titolo della song per quattro minuti.

Cosa rimane allora dopo questi 39, interminabili, giri d'orologio? Una impertinente dose di noia, tanto amaro in bocca e la sicurezza di vedere i Pestilence nel punto più basso della loro carriera. Il Death metal più tecnico, se vuole davvero risultare un minimo appetibile, non può accontentarsi di mettere sul piatto scale musicali complesse, accordi indecifrabili e sboronate varie; deve sapientemente miscelare e sprigionare concretezza, dinamicità, aggressività ed inventiva. I Pestilence, rispetto a ciò che rappresentavano per i propri brizzolati fan, si sono brutalmente strangolati, violentati e spogliati di tutta la loro grandiloquenza, gettando alle ortiche anni di immensa, decadente arte metallara.

Sconforto.   

Elenco tracce e video

01   The Predication (intro) (02:00)

02   Amgod (03:33)

03   Doctrine (03:07)

04   Salvation (03:40)

05   Dissolve (03:39)

06   Absolution (03:38)

07   Sinister (03:58)

08   Divinity (04:06)

09   Deception (03:57)

10   Malignant (03:49)

11   Confusion (03:55)

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