Se ci fosse giustizia a questo mondo, il tormentone dell'estate italiana non sarebbe una "canzone" (le virgolette sono d'obbligo) stantia, banale, nata al seguito della vittoria italiana ai mondiali di calcio, con incorporato errore d'ortografia volontario nel titolo e nel refrain per suscitare simpatia... avete capito a chi mi sto riferendo.
Come dicevo, se ci fosse giustizia a questo mondo, la palma di tormentone spetterebbe a "Young Folks", primo singolo tratto dall'album "Writer's Block" del trio svedese "Peter Bjorn and John" (senza virgole). È da tempo che non sentivo una canzone così orecchiabile e trascinante, impregnata di spirito indie-pop fino al midollo senza per questo risultare fastidiosa, con un ritornello-killer che resta in testa subito dopo il primo ascolto. La formula del singolo viene mantenuta anche in tutte le restanti tracce e, tralasciando i facili giochi di parole con il titolo dell'album, vado subito al punto per affermare che sono nate delle nuove star.
Certo, "Peter Bjorn and John" sono sulla scena musicale già da qualche tempo e possono vantare al loro attivo tre LP (compreso quello in questione) e svariati EP, ma è senz'altro con quest'ultimo album che si sono imposti all'attenzione del pubblico europeo; inutile dire che la strada al successo è ancora lunga, come dimostra la difficile reperibilità (almeno in Italia) dei loro album, però il simpatico video a cartoon di "Young Folks" si sta già facendo strada su MTV e penso (spero) che sia solo questione di tempo.
Come ho già anticipato, le restanti nove canzoni di "Writer's Block" (escludendo la title-track rumoristica d'introduzione) si attestano su ottimi livelli: tutte quante sembrano uscite da un disco pop degli anni Sessanta, ed il debito verso i Beatles è ben evidente, senza per questo schiacciare la qualità intrinseca dei brani. Gli arrangiamenti sono ottimi, molto "indie", caratterizzati da suoni distorti e voce in bilico sulla stonatura, in modo da creare l'illusione (perchè di illusione si tratta) che ogni traccia sia stata registrata al volo, in un'unica take, per essere ascoltata unicamente fra amici e non destinata alla vendita al pubblico.
Nello specifico, sono senz'altro degne di nota "Let's Call It Off", ritmata e impreziosita da begli assoli di chitarra, "The Chills", la canzone più cupa del disco e dotata di una suggestiva parte finale a voci sovrapposte, "Roll The Credits", una sorta di "Politik" coldplayana più solare, e il brano conclusivo "Poor Cow", sostenuto solo da una chitarra acustica e poco altro. Non mancano i brani minori, se non proprio riempitivi: "Start To Melt" è del tutto prescindibile, mentre "Up Against The Wall", con i suoi oltre sette minuti, vorrebbe essere epica, ma risulta solo noiosa e ripetitiva (con una potatina sarebbe un buon pezzo).
Per concludere, un ottimo album per questa band semisconosciuta che punta in alto e ha le capacità per ottenere un grande successo. Un successo che, senza dubbio, si meriterebbe.
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