In un panorama cinematografico ormai dominato da reboot, remake, prequel e sequel, e da quei rari film “originali” dove trama e effetti speciali gareggiano a causare attacchi di sovraccarico sensoriale, Killer Heat arriva come una boccata d’aria fresca. O meglio, afosa, asfissiante. Finalmente, un thriller che fa dell'essenziale la sua forza (relativa), impreziosito da un voice-over vecchia scuola. E io adoro i voice-over. Quel classico tocco noir in cui l'investigatore privato, con una bottiglia mezza vuota e una vita intera a pezzi, riflette con ironia sui guai in cui si è ficcato. Ma attenzione a non lasciarsi ingannare: qui niente vicoli umidi o ombre maligne. Killer Heat è ambientato sotto il sole martellante della Grecia, un noir estivo con pantaloni di lino bianco sudati e il mare blu Mediterraneo a fare da sfondo. Una combinazione che suona improbabile quanto una granita all’aglio, ma sorprendentemente funziona.
Joseph Gordon-Levitt indossa alla perfezione i panni di Nick Bali, l’investigatore cinico che ha visto giorni migliori e notti decisamente peggiori. Un greco-americano che trova nell'alcol il modo più efficace per affrontare il disastro che è la sua vita. E così, Nick lascia Atene per Creta, chiamato da Penelope "Penny" Vardakis per investigare sulla morte "accidentale" del cognato Leo. Creta, un’isola praticamente di proprietà della famiglia Vardakis, diventa il teatro del classico "chi-ha-fatto-cosa-e-perché". Se uno sgradito membro di una facoltosa famiglia muore in modo sospetto, il mistero è praticamente servito su un piatto di ceramica cretese.
Dall’inizio, le intenzioni di Penny sono limpide limpide come acqua paludosa. Suo marito Elias è il gemello monozigota del defunto Leo, ma a quanto pare i due non avrebbero potuto essere più diversi - un espediente che abbiamo visto milioni di volte, ma che funziona sempre. Inevitabilmente, Nick fa squadra con la polizia locale, e qui entra in scena Georges Mensah, un poliziotto di origini greche, almeno secondo il casting etnicamente inclusivo. Certo, ci si potrebbe interrogare sulla scelta di un attore nero per il ruolo, ma si può anche passare oltre. Più Nick si addentra nel mistero, più appare evidente che Penny non è solo una cognata solerte con sospetti paranoici. Chi si preoccupa così tanto per la morte del fratello del marito?
E sì, c’è un colpo di scena - perché c’è sempre un colpo di scena - e anche se non lascerà a bocca aperta chi abbia mai visto un film noir in vita sua, è abbastanza soddisfacente. A patto che l’associazione a delinquere non vi disturbi.
Killer Heat non stravolge le regole del gioco, ma è un film poco prolisso, con personaggi e trama decenti che intrattiene senza pretese. Diretto da Philippe Lacôte, regista ivoriano francofono.
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