Il ritorno alla formula album di Photek non era scontato, l'ultimo segnale è stato nel 2007 con Form & Function Vol 2. Ci sono voluti altri cinque anni di attesa per questo KU:Palm, uscito infati nel 2012. Rupert Parkes non è certo un producer con le mani in mano, tutt'altro, ma quando si palesa col suo moniker storico cattura sempre l'attenzione planetaria. La misteriosa copertina potrebbe essere interpretata come una sorta di manifesto su come mettersi nei casini, e nel caso di Parker si traduce nel tentativo di decifrare le sonorità moderne, ma anche cercare una strada nuova. Sparita la dnb marchio di fabbrica di Photek, scordatevela, ma fa ancora capolino la house, esattamente come il lontano, indimenticabile Solaris. Ma KU:Palm cerca costantemente la quadra tra sperimentazione e ascolto, con risultati alterni.

Signals apre le danze con synth quasi trance e percussioni electro molto decise, suoni cristallini calibrati al millimetro, produzione a livelli stratosferici, ma tra fx, sirene-diva e qualche giochetto più o meno inconcludente si racconta poco, Quadrant abbassa i ritmi assumendo quasi i connotati della trap, anche qui produzione ineccepibile, ma poche cose da dire. Aviator già la conoscevamo bene e non poteva non trovare posto nell'album, era già uscita come singolo e tale ruolo mantiene nell'economia del disco, è un brano che stacca davvero molto dalla firma di Parkes, decisamente orecchiabile con i suoi melodici synth in delay, un loop incessante che lascia spazio ad accenni di basso elettrico. Siamo comunque sostanzialmente nello spettro dell'electro music, senza particolari stravolgimenti. Anche qui purtroppo la progressione è abbastanza statica, con la stessa formula ripetuta all'infinito, sarebbe stata gradita qualche variazione. Proprio quando l'angoscia della sensazione di una release gratuita comincia a farsi strada, arriva dal nulla Pyramid, l'episodio migliore del disco. Un oscuro esperimento electro-jazz, con percussioni campionate (o realmente suonate) in free-form e un retrogusto esotico. Bassline cupa e ammorbante, accenni vocali dispersi in un limbo torbido e frammenti di sitar sparsi a giro. Fantastica, nulla da dire, un piccolo gioiello che lascia solo la voglia di volerne ancora. Shape Charge prende in prestito una struttura dubstep e dei synth che rimandano immediatamente a Solaris, è un pezzo affascinante ma non mi trovo molto in sintonia con la piega presa nella seconda parte. Munich è un altro punto riuscito, una linea di piano struggente e in ultra delay si sposa con un beat in quartina piuttosto lento e atmosferico, la stessa struttura, ma rallentata, prosegue con Quevedo, altro pezzo di grande risalto che introduce sonorità anni ottanta. Inserti vocali divas sofferti e splendidi synth molto morriconiani, si avverte anche una progressione interessante che rende l'esperienza quasi filmica; immaginate la colonna sonora delle vicende di un gangster cubano a Miami, Scarface l'avete pensato voi, io non l'ho scritto. Un altro pezzo che ho apprezzato è One of a Kind, electro-house guidata da una linea vocale femminile molto catchy (Veronika Coassolo), ma una volta entrato nel vivo il brano scatena una linea di synth trascinante che fa salire la voglia di gettarsi in pista. Non a caso è l'unico vero episodio dance del disco. Sul dancefloor non sono andato, ma in compenso ho battuto il piedino con una certa soddisfazione, è risaouto che sono un po' tamarro.

KU:Palm sembra la risposta di Photek al sound elettronico moderno, con molte somiglianze al genere electro e dubstep e nessuna con la drum and bass che l'ha reso famoso. La mossa è rischiosa verso la vecchia guardia, ma non sconvolgente osservando i precedenti lavori dell'artista, che ha forse davvero detto tutto in quel genere ed è alla continua ricerca di nuove avventure. Non tutti i brani sono riusciti o necessari, e la lunaticità è a tratti disturbante: il disco non sa mai che tipo di utenza assecondare, a volte è radio-friendly, altre volte sfuggente e underground, ed è risaputo che nel tentativo di accontentare tutti si rischia di non accontentare nessuno. Però qualche brano dovete assolutamente ascoltarlo, Pyramid in primis, solo lui vale una stella intera.

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