Lanciato da Fellini in "Amarcord" come maschera grottesca, più che come attore, e protagonista di alcune commedie scollacciate lungo tutti gli anni '70, sempre nella parte del comprimario arrapato, spalla dei vari Banfi e Montagnani, Alvaro Vitali è uno dei protagonisti più deprecati della cinematografia italiana degli ultimi trent'anni, spesso additato come il simbolo stesso di un "non cinema", come epitome della decadenza di quella che, in passato, fu una nobile arte.
La non buona nomea che lo accompagnava già all'epoca dei primi successi venne decisamente confermata nei primi anni '80, quando il nostro fu protagonista di una serie di film relativi al c.d. "ciclo di Pierino", in cui Vitali - non curante dell'età non più verde - si calava nei panni di un discolo pluri-ripetente, impegnato in oscene gag di ambientazione scolastica e familiare.
I film avevano lo stesso andamento, tipico della serialità, costituendo un collage non sempre sensato di barzellette trite e banali - a mo' di scenetta - alternato ad episodi maggiormente lubrichi in cui Pierino prendeva di mira le grazie della giovane supplente di turno, di solito una finta ingenua che non si concedeva mai al proprio scolaro (e ti credo). Irritanti erano questi film, ed ancor più irritante la risata di Vitali, a commento delle varie imprese di Pierino, simile più a quella di una jena che a quella di un essere umano.
Il lettore potrebbe chiedersi perché dedicare tutte queste parole ad un fenomeno trascurabile del nostro (non) cinema, forse non a torto.
Ritengo, tuttavia, che le premesse siano necessarie per cogliere il salvabile della altrimenti removenda carriera di Vitali, da me identificato in questo film del 1982, tratto dalle belle pagine del capolavoro comico di Vamba, l'arcinoto "Gianburrasca".
Il film costituisce, per certi tratti, una variazione sul tema degli innumerevoli film di Pierino, ma il fatto che, questa volta, si reciti su un canovaccio letterario, per quanto adattato alle esigenze del copione e del pubblico, rende questo lavoro maggiormente strutturato, meglio recitato, ed, a tratti, molto più divertente della media dei film che vedono come protagonista l'attore romano.
La storia, ambientata nel primo ‘900, narra di un rampollo di famiglia borghese, Giannino Stoppani, irriducibile combina guai, che, per disperazione, viene inviato dai familiari in un collegio, nella speranza che la rigida disciplina degli insegnanti ne migliori l'inserimento nella società. Invano.
Dicevo che il film, è, a tratti, molto divertente: ciò grazie ad alcuni ottimi comprimari, come i grandi Mario Carotenuto, Marisa Merlini, Gigi Reder, nonché la coppia di istitutori del collegio splendidamente interpretata da Clara Colosimo ed Enzo Robutti, nella parte di Calpurnio, il "Bestia" (al lettore capire per quale latinismo), nonché ad un Vitali che, per una volta, non eccede in soverchio protagonismo.
Fa riflettere che molti degli attori impegnati in questo film siano stati dei pilastri della vera commedia all'italiana degli anni '50 e '60, quasi a tracciare una continuità con quell'epoca, sollevando non pochi dubbi in ordine alle ragioni che determinarono la decadenza del nostro cinema nei decenni successivi.
Da ricordare, in questo film, non solo la scena dei petardi in occasione del matrimonio della sorella di Giannino, ma tutte le lunghe sequenze ambientate nel collegio, dalla trappola tesa a Calpurnio che cade in un letamaio, alla mensa servita ai direttori dell'istituto, per finire alla lunga scena della medium, con accenti quasi slapstick. Il tutto ha un vago sapore coprofilo (visto il ricorrere di escrementi nelle gag), a conferma di chi afferma che questi film sono un po' la feccia del nostro cinema.
Come ormai sa chi legge le mie recensioni, cerco sempre di avere una posizione distaccata rispetto ai film che prendo in esame, ed anche questo caso non fa eccezione: il film, per la regia di Pingitore (poi passato stabilmente alla tv con la pessima comicità del Bagaglino), risulta a mala pena sufficiente se valutato sulla base di una scala tendenzialmente oggettiva, mentre, a mio parere, appare addirittura buono se paragonato ad altri film dell'epoca, ed ottimo se valutato in relazione alla carriera di Vitali.
Che dire, allora? 2/5 per i canoni Debaser, 4/5 per gli amanti del genere, 5/5 per gli amanti di Vitali.
Cordialmente Vostro, Il_Paolo
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