Lo ammetto: sono ateo. Non riesco a concepire l’idea di un Dio ordinatore delle cose e della vita umana, la trovo una spiegazione troppo sbrigativa a cose che invece meriterebbero attenzione e approfondimento come l’universo, l’esistenza.
Dello stesso avviso sembra essere il logico- matematico Piergiorgio Odifreddi, l’autore di questo interessante libro sul rapporto fra scienza e religione.
Spesso, troppo spesso, si liquida la questione “scienza e religione” con parole di circostanza, come “sono due cose separate”, “la scienza non si deve occupare di religione”, “la religione dà le risposte che la scienza non riesce a dare”, e via dicendo. Purtroppo, la maggioranza delle persone non dispone di una cultura scientifica adeguata per comprendere come in realtà la scienza influenzi pesantemente la teologia. In passato i grandi pensatori hanno cercato di forzare il dibattito teologico dentro dimostrazioni matematiche spesso fantasiose e prive di concretezza; ebbene, questo libro mostra come i moderni risultati scientifici le abbiano smontate una ad una.
Fra le tante teorie che Odifreddi cita due sono le più interessanti: la meccanica quantistica e le teorie logiche di Gödel. La prima non solo ha aperto dubbi sulla vera natura della materia che costituisce l’universo, ma ha anche sollevato la questione sul meccanismo con cui noi esseri umani prendiamo coscienza della realtà. L’universo sembra essere profondamente differente da come ci appare, e anche gli strumenti di misura che usiamo come estensione dei nostri sensi potrebbero essere totalmente inadeguati, cioè fornirci risultati privi di senso. Sembra cioè che esistano limiti intrinseci anche nel metodo scientifico finora universalmente accettato. Le teorie di Gödel, d’altra parte, hanno mostrato che ogni speculazione all’interno di un sistema logico non può essere applicata alla realtà in maniera consistente, ovvero, ogni sistema logico può funzionare solo entro i suoi stessi limiti. E se questo vale ad esempio per la matematica, o per la logica, figuriamoci per la teologia.
Questo significa non solo che la ricerca della Verità potrebbe portare a risultati del tutto fuorvianti, ma anche che potrebbe non avere senso a priori porsi la domanda su quale sia la Verità. È come dire che ogni tentativo di spiegare razionalmente l’esistenza di Dio è fallace, quindi, in sostanza, che Dio può essere ammesso solo essendo irrazionali. La teologia sembra essere quindi un conglomerato di affermazioni del tutto fini a loro stesse, sottili giochi dialettici autosufficienti che non possono raggiungere il contatto con la realtà che pretendono di avere. Un esempio pratico: “credo in Dio perché lo dicono le Scritture”, e “le Scritture sono parola di Dio”, frasi comuni sentite miliardi di volte, e nessuno sembra notare che una inverte ipotesi e tesi dell’altra in un circolo vizioso perfettamente autosufficiente. Ma una simile contraddizione sembra non preoccupare nessuno, semplicemente, ci si passa sopra con noncuranza.
In breve: se vogliamo ragionare in maniera sensata, arriviamo alla conclusione che non è possibile dimostrare l’esistenza di Dio; se invece vogliamo perderci in discorsi sentimentali e poetici possiamo assumere benissimo l’esistenza di un qualche Dio nell’universo.
Ma Odifreddi non si limita a smontare la teologia a colpi di matematica. Egli ragiona anche con le Sacre Scritture alla mano, passando al vaglio i punti più contraddittori. Ad esempio, l’episodio del serpente che tenta Eva nell’Eden: Dio aveva dichiarato esplicitamente che la mela era un frutto cattivo e dannoso da mangiare, ma Eva, dopo averla assaggiata, scopre che in realtà è dolce e buono. La dottrina dipinge Satana come un mentitore, ma in realtà qui i fatti dicono chiaramente che il vero bugiardo è Dio. Come mai nessuno ha notato una cosa così eclatante? Curioso poi che il nome “diavolo” significhi in latino “colui che divide”, cioè il dialettico, il logico. Sarà un caso questo voler condannare a tutti i costi la razionalità, facendola coincidere con il Male assoluto?
So che molti storceranno il naso di fronte a certe argomentazioni, molti si sentiranno offesi e metteranno in dubbio anche la scienza pur di tenersi stretto il loro sistema perfettamente coerente di un universo regolato da un Dio invisibile che non va mai messo in discussione. Molti si perderanno nel gioco che oggi va per la maggiore: accusare personalmente l’autore invece di discutere le sue idee, oppure si dilungheranno nelle solite discussioni su quanto la Chiesa abbia fatto di buono nel mondo (che non è affatto il punto della questione), ma così facendo dimostreranno di non aver capito il senso di questo libro.
Ultima nota: il libro non è destinato a un pubblico vasto, cosa che per me personalmente è un pregio. È necessaria una base di studi scientifici, nonché un certo grado di pazienza e curiosità, per comprendere appieno i ragionamenti e le loro implicazioni.
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