"L'amore in una 600 prenuragica".

Nell'intervista della settimana la giornalista Anna Piccioni chiede al cantautore isolano Piero Marras: "Perché gli emigrati sono cosi legati alle tradizioni musicali e alla Limba?"
"Questo attaccamento" risponde "penso riguardi soprattutto la vecchia generazione che ritrova nei suoni della musica e della lingua qualcosa di sé, della propria cultura e ne vada fiera. Per i giovani è diverso".

"Fuori Campo" segnò il principio della carriera solista per l'oggi 57enne autore nuorese. Uscito una prima volta nel lontano '78, viene riproposto nuovamente nel '97 con l'aggiunta di due inediti: Notte Lituana e Si Deus Cheret (Se Dio Vuole). Niente può preparare l'ascoltatore nuovo o quello di quasi trent'anni dopo, né si possono attraversare queste undici canzoni senza venire ammaliati dalle suggestive sonorità di cui Marras continua a renderci partecipi.

Stralci reali ed immaginari, stimoli influenzati soprattutto dalla sua terra dove trae spunti ed ispirazioni. Ritmi e condizioni socio-antropologiche vengono riproposti attraverso la sua personale esperienza, a volte in maniera buffa, altre con una sincerità brutale e sconcertante. Eppure infuse di significato, dando voce a sentimenti e stati d'animo vasti e variopinti in grado di spaziare da una comune angoscia ad un arcano mistero.

In molte di queste è un poetare dialogando come nell'arcaica tradizione sarda della poesia improvvisata. In almeno sette canzoni, ancora tutte in italiano, interpreta alternando uno o più personaggi protagonisti nel teatro della vita. I contenuti, tematiche, impercettibile quasi non sempre chiaro il logos: è un rappresentare una cultura che ha del mitologico anche in epoca moderna. La dislocazione dalla madre terra, il tenero richiamo al magico di quella prima volta, un'appartenenza spesso limitata non oltre i confini di quel mare nostrum. Egli non risparmia nessuno armato com'è di sagace ironia, demistificare l'adorato padre, se stesso e chi lo abbraccia ogni sera.

Da buon cantautore, uno che veste il suo ruolo, uno pagato per cantarci verità altrimenti negate altrove, Marras lo fa in ballate dal timbro dolce, accostandoci il presagio di un inesorabile allontanarsi da tutto; in arpeggi e canto suonano, pare il rumore di sorgente sgorgare di un affluente del Tirso.

...e con degli sliding di chitarra da far chiedere a se stessi, "avesse pure lui letto quell'episodio di quando Corto Maltese..."

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