Il ritorno all’attività solista di Piero Pelù sorprende fino ad un certo punto.

Con i Litfiba fermi a “Eutopia” di ormai quattro anni fa (buon disco, forse un po’ ingiustamente snobbato) e con l’ultimo album solista ormai risalente al lontano 2008 (“Fenomeni”, profonda delusione soprattutto perché arrivava dopo “In Faccia”, un signor disco che riportò il buon Piero a livelli che non si sentivano da tempo), questo “Pugili Fragili” arriva dopo una chiacchierata partecipazione al Festival di Sanremo con il brano “Gigante” ed una cover niente male di “Cuore Matto”, che manco a dirlo veste come un guanto sul Pierone Nazionale.

Il nuovo sodalizio è con Luca Chiaravalli, ormai autentico Re Mida della scena pop rock nazionale, che cerca di vestire l’ormai cinquattottenne Piero di elettronica. Riuscendoci in parte, visto che (come noto) la personalità di El Diablo è bella marcata e a quanto pare gli scontri tra i due sono stati tanti. Chi l’ha vinta? Difficile a dirsi.

Il disco si compone di dieci brani e si divide in due filoni: il primo è quello alla Pelù, ovvero un rock secco e dritto senza troppi orpelli, che va a lambire addirittura il metal come in “Ferro Caldo” (quasi Rammstein), “Stereo Santo” e “Canicola”, quest’ultima già presentata dal vivo nei live di qualche mese fa. La cover di “Cuore Matto” si allinea a certe cose dei Foo Fighters (“All My Life” affiora in più di un punto del pezzo), mentre la collaborazione con Appino in “Fossi Foco” è divertente e riuscita.

Il secondo filone è quello dove prevale Chiaravalli, come evidenziano i due singoli “Picnic All’Inferno” (davvero poco riuscita, e non aiutano di certo gli inserti vocali di Greta Thunberg, davvero troppo buttati lì) e “Gigante”, dedica al nipote che però non decolla ed evidenzia il solito problema nei testi, spesso troppo artificiosi e troppo poco convincenti. “Luna Nuda”, co-scritta con Francesco Sàrcina, è un disastro su tutti i fronti, davvero raffazzonata e fuori fuoco.

A risollevare la situazione arrivano due ballad belle e di grande atmosfera, ovvero la titletrack e soprattutto “Nata Libera”, spaccato crudo e riuscito di una relazione violenta vista dal punto di vista di un uomo. I temi a livello lirico sono quelli sempre cari a Pelù: ambiente, violenza sulle donne, vita da rock star. Niente di nuovo, e purtroppo non ci sono grossi miglioramenti in vista, con testi spesso troppo semplicistici e tirati via.

In definitiva un disco sufficiente per Pelù, che piacerà a chi l’ha amato finora e continuerà a non piacere a chi non lo apprezza più.

Brano migliore: Fossi Foco

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