In questi ultimi tempi ho potuto constatare con fermezza l'entrata dei Popol Vuh nelle mie glorie, come uno dei miei gruppi preferiti in assoluto.
Ho pure notato che nei circoli del DeBasio non tutti i loro lavori sono stati affrontati, solo una piccola parte; penso anche che siamo tutti d'accordo su quali siano i picchi di maggior splendore della creatura di Florian Fricke ma se si va a scavare tra i dischi dimenticati si trova del buono (buonissimo!), eccome.

"Spirit Of Peace" non può essere catalogato come disco "minore", spesso dimenticato forse, ahimè. Si tratta del quindicesimo capitolo della discografia dei tedeschi, che di strada ne avevano già fatta e ne faranno altra (sebbene con qualche uscita controversa negli anni '90) per un'altra quindicina d'anni, fino alla morte di Fricke.
Siamo nel 1985 e i Popol Vuh sono immersi nel mondo musicale New Age in modo totale; ci troviamo, però, di fronte ad un prodotto ancora puro e fermamente attaccato alle loro radici, ai vari sound affrontati in precedenza.

A mio parere è in questo album che i Popol Vuh riescono ad esprimere di nuovo al 100% tutta la loro spiritualità e il loro carattere più trascendentale, dai tempi del taumaturgo "Hosianna Mantra", riuscendo a creare questo alone mistico con pochi elementi essenziali. Cori, chitarre, pianoforte.

Come spesso è successo in svariate occasioni durante la lunga carriera, prendono in prestito melodie per poi ri-arrangiarle: nell'iniziale "We Know About The Need" creano una sorta di sequel di "Hand In Hand" (dal precedente disco "Agape-Agape - Love-Love", 1983), continuando il coro unanime come se fosse stato lasciato in sospeso.
Nel caso di "Song Of Earth" si parla proprio di totale ri-arrangiamento di una delle melodie più semplici e più belle che io abbia mai sentito, ricercabile in moltissimi brani dei nostri beniamini in varie facce musicali (sono pignolo quindi ecco la lista: "Ja, sie sollen Gottes Kinder heißen" da "Seligpreisund"; in "Gutes Land" da "Einsjäger & Siebenjäger"; in "Agnus Dei" da "Aguirre"; in "...als lebten die Engel auf Erden" da "Sei still, wisse ICH BIN"). La colonna sonora dell'ascesa nei cieli targata Popol Vuh; lo dico qui: nel caso dovessi morire prematuramente, voglio questa canzone durante lo spargimento delle mie ceneri nel fiume Gange e nel fiume Yamuna.

La title-track è un puro brano solo pianoforte, le cui note incarnano la più dolce malinconia vagabonda. A sua volta la conclusiva "Take The Tension High", nei suoi lunghi 17 minuti, è quasi completamente costituita da un mare di chitarre, perlopiù classiche, che vanno a sposarsi con i religiosi cori cominciati con "We Know About The Need", chiudendo così un meraviglioso cerchio.

Dovremmo rimanere tutti quanti in silenzio.

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