Dopo un sacco di tempo dalla precedente recensione, (una delle mie prime, mi sto commuovendo) torno a parlare dei Prophecy, la band americana che include (o ha incluso) membri dei Dying Fetus e che ha pubblicato nel 2001 il bellissimo "Foretold...Foreseen". A tre anni dal suddetto Lp, tornarono con questo "Our Domain" che sulle prime mi lasciò leggermente deluso. Deluso, sì, perché mi aspettavo ancora quel Death imbastardito da elementi Hardcore che caratterizzava il lavoro precedente; e invece i nostri, come è d'obbligo per una Death Metal Band che si rispetti, cambiano pelle e mi li ritrovo su questo cd più Brutal che mai.
Niente influenze Hardcore, niente influenze Grind, solo Brutal Death tra i migliori in circolazione; come già dissi nella recensione precedente, i membri di questa band (o almeno le sue "menti") hanno sufficiente esperienza in questo genere da potersi permettere di fare ciò che vogliono. E nel 2004, i Prophecy, han voluto consegnare al loro ristrettissimo pubblico una specie di antologia del Brutal Death: forti della militanza nei Dying Fetus e di ormai quasi vent'anni di presenza nell'underground del metal estremo, i suoi membri hanno tirato le somme, hanno voluto mettere insieme i pezzi del Death dalla sua nascita ad oggi. "Our Domain", secondo il mio modestissimo parere, è proprio questo, una "summa" di quanto fatto in questo genere delle ultime due decadi, filtrato com'è ovvio attraverso il loro personale gusto e la loro ottima tecnica strumentale.
In un disco come questo credo che il Track By Track sarebbe la cosa migliore, ma trovo questo tipo di resoconto estremamente noioso e piatto: in ogni caso, sappiate che ogni canzone di questo album è una perla e ognuna racconta qualcosa di diverso riguardo al Death metal.
Chi avesse ascoltato il precedente disco, si ricorderà gli standard tecnici dei nostri, decisamente alti: ebbene, aprite le orecchie, "Our Domain" è meno tecnico del suo predecessore. Mi sono chiesto il perché di questa scelta, perché è ovvio che di scelta si tratta, e mi sono risposto che forse hanno voluto staccarsi completamente dai canoni dei Dying Fetus per dare vita ad un vero Side Project in cui fare qualcosa di diverso. Questo naturalmente non toglie nulla alla prestazione dei musicisti che se nel precedente era eccellente, qui resta ottima.
Il Drummer, onestamente, mi è sembrato il più seduto dei cinque anche se in buona forma: capiamoci, non perde un colpo e spara raffiche di Blast Beat con una precisione rara e tiene cambi di tempo e Stop And Go senza problemi, ma è privo di quei virtuosismi che lo avevano reso grande in "Foretold... Foreseen". Comunque sia, anche chi lo ascoltasse per la prima volta, capirebbe che costui è un batterista d'eccezione che suona partiture al di sotto delle sue effettive capacità. Partiture che comunque restano parecchi gradini sopra a molte altre di questo genere; il drumming è infatti di una varietà sconvolgente, alternando parti veloci tipiche del Brutal ad altre più cadenzate (molte) fino ai classici rallentamenti soffocanti ("The Shit") e dimostrando una intuizione compositiva veramente rarissima. Ho volutamente usato il termine "intuizione" e non "capacità"; i Prophecy non inventano nulla di nuovo e non si danno alle sperimentazioni ma, forse proprio in virtù del loro passato, compongono canzoni di qualità eccelsa. Il riffing è fresco senza essere antitradizionalista, è potente, coinvolgente: ancora una volta, pur non essendo difficilissimo sotto un profilo strettamente tecnico (largo uso dei Palm Mute e di accordi ma poche scale), si basa su tempi decisamente impestati che spesso sono in totale disaccordo con le linee di batteria. Spicca il bassista sugli altri strumentisti; una volta tanto, il basso si sente (e non solo negli stacchi pesanti come macigni in cui si esibisce il nostro uomo) grazie ad una produzione veramente da manuale, filtrata nella giusta misura ma per niente confusionaria e non per questo fredda. Cacio sui maccheroni è la voce, in perenne alternanza tra un Growl decisamente basso, uno un po' più pulito e qualche Scream con la "s" maiuscola.
Insomma, non manca proprio niente all'appello per fare di "Our Domain" un disco da Olimpo del Brutal; dieci canzoni una più bella dell'altra in cui si possono ritrovare influenze di tutti i grandi della storia del Brutal Death. C'è qualcosa della nuova scia Slam nell'opener "Our Domain", richiami agli Obituary in "Tortured By Deceit", veri e propri tributi ai Suffocation in "Questions Never Answered", requiem per Chuck Schuldiner nei miagolii di "Destined To Fail" riferimenti a Cannibal Corpse, Morbid Angel e al resto della scuola floridiana un po' ovunque. Il tutto, non lo dimentichiamo, rivisto con lo stile tipico dei Dying Fetus. Basta ascoltare una canzone come "Keep It Fucking Brutal", forse la migliore del cd, per accorgersi di quanto valga "Our Domain"; e non voglio sentire dire che però non inventano nulla di nuovo, perché scrivere canzoni come queste nel 2004 vi assicuro che è tutto fuorché facile. Sono io il primo a prendermela con le band clone, ma qui il discorso è completamente diverso.
"Our Domain"; mai titolo fu tanto azzeccato. Il Brutal Death è regno dei Prophecy, una formazione che se aveva fatto scintille col primo lavoro qui riesce a lasciare a bocca aperta; un eclettismo sbalordente e il loro impegno in studio portano nei negozi questo disco, che definisco senza timore uno dei dieci dischi Brutal Death migliori della storia.
Elenco e tracce
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