Natale ’98, volevo in regalo la PlayStation (ai tempi spesso identificata al maschile, IL PlayStation) e come primo gioco annesso pensavo ad un gioco di calcio. Avevo chiesto “World Cup 98” perché l’avevo visto a casa di un mio compagno di classe ma alla fine mi fu regalata questa mezza ciofeca targata Psygnosis e sponsorizzata dalla Adidas.

Eh certo, ai tempi i vari Fifa e ISS Pro erano già dotati di un buon realismo, seppur lontano da quello di oggi, questo invece era piuttosto surreale. A partire dal semplice movimento dei giocatori sul campo: correvano in linea retta, quasi come se fossero dei robot che giocavano a calcio, come se stessero seguendo una linea immaginaria o le piastrelle di un pavimento, un movimento statico ed innaturale. Evitavano il tackle con agilità servendosi di improbabili saltelli, roba che non riusciva manco al miglior Ronaldinho, bastava premere il triangolo ed il gioco era fatto.

I tiri poi erano fantascienza, con apposite combinazioni di tasti (alcune rivelate, altre segrete) si riuscivano a sferrare palle di cannone che si stampavano fra le braccia del portiere il quale veniva però sbilanciato e cascava rovinosamente in porta assieme al pallone per il più rocambolesco dei goal; tutto suscitava chiaramente ilarità. Lo stesso portiere a volte sembrava davvero uscito da un film di Fantozzi, non si capiva se ci era o ci faceva (o SI faceva), capitava di fargli un pallonetto e di vederlo mentre faceva finta di tuffarsi; per non parlare di quelle rare volte in cui la palla si fermava a pochi centimetri dalla linea di porta: egli vi si avventava in tuffo per poi rialzarsi DENTRO la porta con la palla fra le mani, praticamente un film comico! Io avevo trovato due modi efficaci per beffarlo facilmente: uno consisteva nell’arrivare un pelo prima della terza striscia verde di terreno successiva al cerchio di centrocampo e premere il quadrato per un pallonetto che se fatto correttamente si insaccava alle spalle del portiere senza alcun rimbalzo, il secondo consisteva nel far partire il pallonetto esattamente dal dischetto del centrocampo, pallonetto che compiva un semplice rimbalzo prima di insaccarsi, ma quest’ultima soluzione funzionava soltanto sul campo primaverile o estivo.

E poi c’erano i falli, la possibilità non solo di effettuare interventi da tergo ma anche, con apposite combo di tasti, di tirare maglie, di spingere gli avversari e di sferrare calci micidiali, delle vere e proprie mosse di kick boxing; interventi che a volte non venivano nemmeno rilevati dall’arbitro, specie se si impostava l’arbitro in modalità “blind”, vedevi addirittura il giocatore accasciato per terra con le stelline attorno e nessuno ad accorrere in soccorso, anzi, con nonchalance e menefreghismo gli passavano pure sopra, roba che se succedeva durante una partita vera ti vedevi panchina e tifosi invadere il campo e scattava la guerriglia urbana; a volte non si era nemmeno sicuri di stare ad assistere ad una partita di calcio, sembrava più verosimile pensare di assistere ad un incontro di wrestling o peggio ad una puntata di Celebrity Deathmatch.

In sostanza cos’era “Adidas Power Soccer”? Un simulatore di calcio? Chiaramente no, e sembra che inconsciamente anche colui che lo ha concepito non volesse che lo fosse. Questo gioco era sostanzialmente un mix fra il gioco di calcio rudimentale, il comico, il picchiaduro e il fantasy, era a metà strada fra la partita di calcio, l’incontro di box, il circo ed il film fantastico, ogni match assomigliava ad una puntata di “Holly & Benji” dove però la partita si concludeva in una sola puntata da 15 minuti, o ad una partita fra scapoli e ammogliati giocata però in un vero stadio immancabilmente sold-out, poco importa se a riempirlo erano dei puntini colorati.

È chiaro che se dovessimo dare un voto a questo gioco sarebbe senz’altro negativo, ma il primo gioco della tua collezione personale non si scorda mai, non posso non ricordare le partite con mio padre che nei primi tempi mi batteva sempre, come anche i tornei io e lui coalizzati contro la CPU, ma pure le legnate che davo a chi veniva a giocare a casa mia. Poi qualche anno dopo mi passarono “Fifa 98” ma lì era un’altra storia…

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