Aspettavo il secondo album dei Ra Ra Riot come l’imene di una 13enne aspetta la telefonata del fidanzatino. Non stavo nella pelle, non tanto per il fatto che l’esordio “The Rhumb Line” fosse un piccolo capolavoro chamber-pop con veri e propri inni romantici (“Can You Tell” e “Each Year”), bensì perché ritenevo non fosse stato attribuito il giusto merito alla band. Tutti hanno dimenticato questa band, che ha avuto la sfortuna di nascere all’ombra del fenomeno Vampire Weekend. In realtà sembrò la stessa sfortuna ad accompagnare la nascita della band di Syracuse quando nel 2007 morì affogato in circostanze misteriose il batterista/compositore John Ryan Pike.

Ecco allora che la delusione è cocente di fronte a questa seconda uscita “The Orchard”. I Ra Ra Riot non solo hanno perso in incisività ed originalità, hanno pure faticato a ripetere gli schemi dell’esordio.
Intendiamoci, questo è e rimarrà un disco apprezzabile, ma nulla più, era lecito aspettarsi altro. E’ venuto meno il romanticismo, ed è venuta a mancare quella briosità spontanea che li contraddistingueva; tuttavia non bisogna buttarsi troppo giù, qualche bella canzone c’è. La chicca punk-folk di “Boy” ad esempio, col suo basso tarantellato, non riuscirete a dimenticarla tanto facilmente. “Massachusetts” scimmiotta alla grande gli amici Vampire Weekend ed ha un ritornello in falsetto semplicemente irresistibile.
Sul finire del disco si torna a respirare le atmosfere dell’esordio con “Do You Remember” e “Keep It Quiet”. I bei momenti sanno ancora ricrearli; troppo poco però a paragone della sostanza che ha fatto di “The Rhumb Line” un disco indelebile nella mia memoria.

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