Visto che si può...

"L'unico film porno che valga la pena di vedere", secondo Paul Thomas Anderson, rivelando così la sua natura cattolica e prima di farlo col corale "Magnolia".

Questo film del 1976, diretto sotto pseudonimo (Harry Paris), dal regista newyorkese Radley Metzger, a tutt'oggi è considerato una delle (poche) vette di un linguaggio cinematografico che come mai nessuno sa spiazzare gli archivisti del cinema. Per alcuni è la vetta in assoluto ma non è vero e qui esporrò la mia tesi.

Rivisitazione della legenda di Pigmalione, il film vede il professor Love aggirarsi a Parigi alla ricerca dela puttana più maldestra e inetta per educarla alle arti erotiche, in modo da vincere la contest erotica che il ricco Laurence Layman propone ogni anno.

Recuperata Dolores in un casino ("Il mio vero nome non è Misty Beethoven ma Dolores Beethoven") dove, goffamente truccata e con una shirt recante il logo della mastercard, pratica malvolentieri il suo mestiere, se la porta in America e, grazie alla sua assistente, la erudisce nell'arte di scopare, aiutandola a superare il suo diniego verso l'arte della fellatio che, come si sa, è il "must" della pornografia classica.

Dagli states la cricca si trasferisce  a Roma, location ambita da tutti i registi grazie all'opera di Fellini; superato il test (far eccitare un gallerista gay) Misty è pronta per il grande party annuale, dove trionferà diventando l'orgoglio ma anche l'amore della vita del professor Love.

Dopo gli insuccessi del sofisticato "Camille 2000" (ibd, 1969), versione sotf porno di lusso della "Signora delle camelie" di Dumas, sempre girata a Roma e col nostro Nino Castelnuovo come protagonista,   il medio successo di "Erotika, Esotika Psikotica" (The lickerish quartet, 1970) e il noioso "Little Mother" (ibd. 1973), Metzger ritorna sul neonato hard core, in parte malvolentieri, girando l'interessante "Score" (ibd, 1973)e il bizzarro "Pamela Mann" ("The private afternoons of Pamela Man, 1975), quest'ultimo anticipatore di Misty ma girato con la mano sinistra.

Misty Beethoven è girato con una confezione e una perizia rare nel cinema hard. Lussuosi movimenti di camera, scintillante fotografia, musiche curate, buona recitazione. E mai come in questo film i pregi e i limiti del regista emergono appieno; per chi non ha dimestichezza col mondo dell'hard core si troverà stupefatto difronte a tanto ben di dio e vedrà gli attori-stalloni aggirarsitra le maglie di una sceneggiatura definita e i lussi di un lavoro di camera di primo livello.

La carta che "Misty" gioca è quella dello humor e spesso le battute sono divertenti. In più e a differenza del 90 per cento dell'hard core, c'è un sentimento di pagana libertà e di gioia dei sensi che non assomiglia affatto al mortifero che il cinema hard di solito propina.
Si sorride, talvolta si ride; si invidiano questi personaggi per cui scopare è ancora un piacere da non lasciarsi scappare, il fine ultimo della vita, esercitato con una leggerezza classica. Il balletto dei corpi e la girandola di freddure è incravattata dalle musiche di George Craig, che parafrasa Jacques Loussier e gli Swingle Singers, e dall'ouverture del "Guglielmo Tell".
L'aria di licenza raggiunge persino l'omosessualità, già esplorata su "Score", vista come una delle tante esperienze di sesso, senza piume e lustrini o drammi.

Il limite secondo me sta nel proporre una visione dell'hard core stupefacentemente abbagliante e lussuosa (a chi propongo questo film resta stupefatto) ma proprio per questo meno efficace di quella di Damiano, più accettabile, anche se il sesso per Metzger resta sempre ruvido e fisico. Paradossalmente si può quasi far vedere questo film alla mamma senza che questa inorridisca riguardo i costumi del figlio.

L'autore in questo film dà una parziale svolta al dilemma che l'hard core propone ogni volta: il limite del filmabile o meno perchè un lavoro possa essere definito film o meno. Non che certi rapporti sessuali abbiano il solo fine di eccitare chi guarda (e quindi di far rimanere l'hard un prodotto, come l'aspirina) ma molte volte la loro rappresentazione si rende necessaria per l'economia dell'opera (e qui siamo nell'arte).
Magistrale il montaggio parallelo della seduzione del gallerista alternata alle prove precedentemente fatte nella villa romana; uno dei rari momenti sexy di tutto il cinema hard core.  

Cosiglio la visione di questa riuscita opera a chi non sa cosa possa essere stato l'hard degli anni ruggenti, quando c'era "Gola Profonda" ad incassare quanto "Guerre stellari" e il mondo occidentale credeva di aver finalmente trovato la libertà dei sensi e superato il limite del dicibile; droghe, capitale e aids e il vuoto conseguente alla grande abbuffata fermeranno tutto questo, purtroppo e l'uomo non riuscirà a diventare padrone di sè e della sua vita.  

Constance Money, poi, è bellissima...

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