In un tipico sound jazz newyorkese, in una sorta di gemellaggio tra eroi della musica nera come Charlie Parker e James Brown, "Ornettology" esprime tutte le aspirazioni e la grande capacità espressiva di questo giovane, immenso talento.

Siamo nel 1990 quando Ralph Peterson Junior, the jazzman, sembra aver deciso che è arrivato il momento di ricapitolare e di prender fiato per non perdere il treno del ritmo infernale che ha segnato l'evoluzione della sua musica. Dal riposo momentaneo è nata, tra le altre, l'idea che le fusioni sono perfettamente fattibili, sempre che siano spinte da legittime aspirazioni artistiche e non solo da scopi commerciali.

"Ornettology" non è un semplice titolo: è il riassunto di un concetto astratto che comincia con il nome dell'inventore del free jazz (Ornette Coleman) e finisce con la desinenza con la quale Charlie Parker chiudeva i titoli di alcuni pezzi emblematici del bebop. Come Coleman, Peterson concepisce il jazz come senza ruoli subordinati e come Parker cerca la bellezza nell'intensità.

Figlio e nipote di batteristi, a 3 anni già "smanettava" con le bacchette nutrito da un educazione musicale indiscutibile. Grande tecnica, fantasia e senso dello swing. Una personalità musicale corposa ed un indubbio talento per la composizione. I primi tre dischi a nome suo, due in quintetto e uno in trio contengono musica di classe (anche se non originale). Grandi cose con la pianista Geri Allen. Con "Ornettology", è all'opera un quartetto base con strumentazione insolita dall'estetica post free anni '60. Il clarinetto di Don Byron contribuisce ad un sound raffinato dalle radici classiche e un fraseggio intenso dettato dal vibrafonista Brian Carrot contribuisce all'espressività del mood.

Melissa Soclum alle tastiere, completa la band il buon Peterson, a dirigere il tutto con le sue "bacchette magiche".

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