Vuoi star zitta per favore è un libro del 1976 scritto da Raymond Carver e contiene 22 racconti.

E' la prima raccolta di Carver che, a breve, sarà riconosciuto come uno dei massimi esponenti della short-story. I suoi racconti, il suo stile, segneranno una svolta nel genere. Il racconto che dà il titolo alla raccolta verrà ripreso da Robert Altman e messo in scena nel suo celeberrimo "America Oggi".

Ed è proprio l'America che Carver racconta ma non è certo quella che tutti conosciamo. Non è neanche the dark side of U.S.A. Non è necessariamente lo spaccato di un'America nascosta fatta di perdenti, di drammi a forti tinte, di scomode rivelazioni o chissà cosa.

Carver racconta la quotidianità. I suoi personaggi sono normali. Brevi storie di vita vissuta, una coppia annoiata, un padre e un figlio, un ciccione educato e bonario che mangia per due in una tavola calda, un marito che chiede alla moglie di dimagrire un po'... Nulla di particolare, eppure i suoi racconti ti prendono immediatamente, forse perchè l'immedesimazione del lettore comune è pressoché totale.

Perchè Carver riesce a catturare l'attenzione in modo così radicale raccontando la normalità per altro priva di colpi di scena?

Forse perchè ciò che racconta, come lo racconta, i dialoghi che utilizza ci sono in qualche modo familiari. Carver non esprime giudizi di sorta, non c'è una morale. I suoi racconti sono brevi spaccati di vita. Flussi di ore che passano inesorabili, grigie e ottuse. Giornate pigre impegnate in uno stolido e cantilenante girotondo attorno alla damigella d'onore: la routine.

Racconti che non iniziano e non finiscono, senza etica, senza giudizi, senza morale, senza insegnamento, senza rivelazioni o colpi di scena.

E sebbene talvolta nelle gesta dei protagonisti affiorino qua e là comportamenti stravaganti siamo sempre nella norma, una volta di più, ancora e più che mai. Perchè quei protagonisti siamo noi, perchè tutti hanno un vezzo nascosto, una procedura inconsueta, una segreta bizzarria, un'innocua e oscura mania...

Ma non è solo questo che ti cattura. Ciò che ti lascia l'amaro in bocca è il non-sense della vita stessa, il suo scorrere incurante di qualsiasi logica, di qualsiasi giustizia. Vita incurante anche del caso (che alcuni chiamano "destino") dal quale si lascia circuire e abbindolare facilmente.

Tuttavia, sebbene Carver non giudichi mai le sue storie e i suoi protagonisti, su tutti i suoi racconti incombe un senso di pesantezza, di precarietà, di scomodità.

Forse i suoi racconti sono tanti piccoli e ferocissimi je accuse all'uomo moderno ha creato e strutturato la sua vita e la società.

E forse è proprio in tutta questa assurda normalità (perchè parliamoci chiaro, di NORMALE in questa nostra moderna società occidentale c'è ben poco) che Carver leva il suo grido di dolore quasi voglia dirci: "ma non vedete come tutto è assurdo e sbagliato?"

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