Le opere prime hanno sempre una componente sperimentale e di ricerca, a volte ben fatta, a volte meno, ma che raramente si ripropone nelle successive.
Soprattutto quando si ottiene subito quella particolare alchimia che le rende "riuscite". E' quello che succede con il primo disco di Matthew Chicoine che, con il moniker "Recloose", firma uno degli esordi col botto più fragorosi nell'ambito elettronica/techno del 2002.

La storia di Matthew, non sappiamo quanto romanzata, narra del solito nerd che di giorno si arrangia con lavori di fortuna e la sera in cameretta sogna di diventare produttore e di suonare davanti a migliaia di persone. Come tutte la favole a lieto fine che si rispettino, arriva il giorno fortunato. Succede che nel bar dove Matthew in quel momento lavora come cameriere, si presenta un cliente del calibro di Carl Craig.
Realizzando di avere tra le mani una occasione irripetibile, gli rifila, oltre all'ordinazione, una copia di un suo demo. Non è noto sapere se andasse sempre in giro con la propria musica al seguito, resta il fatto che Carl Craig ne rimane positivamente colpito e decide di metterlo sotto contratto per la leggendaria Planet-E.

Iniziano così le collaborazioni con la scena Detroitiana più sperimentale che ha proprio in Craig il capostipite. Dopo vari Ep e molteplici collaborazioni, finalmente, nel 2002 è pronto "Cardiology", che esce per la !k7, etichetta di culto dell'elettronica tout-court. E' l'ennesima variante sul tema del suono detroitiano che progressivamente si discosta dagli aspetti più dark e rudi degli albori. L'entusiasmo che si crea intorno a questo disco è largamente giustificato. Il mosaico di suoni proposto da Recloose spazia leggero tra techno e dance raffinata, tra influenze jazzy e radici black, dub e broken beat. Un suono al tempo stesso ricercato e lineare, dove il  beat si amalgama alla perfezione con la parte più d'ascolto. Recloose si destreggia egregiamente in questo caleidoscopio di mood, tra i suoni algidi della techno, morbidi tappeti deephouse, il soul accennato e le ottime parti vocali (c'è anche un featuring di Ursula Rucker). Menzione d'onore per l'irresistibile  traccia iniziale "Ain't  Changin", ritmo sincopato, synth e la voce di Justin Chapman e per le finali "Cardiology" ed "Absence of one", degne chiusure quasi ambient di un lavoro ormai classico nel suo genere.

Rimasto, purtroppo, senza degni seguiti da parte dell'autore.

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