Sono entrato in possesso di questo disco un bel po’ di mesi fa ma solo ora ho deciso di dargli un orecchio: perché? Perché i Reek Of Shits mi stanno terribilmente antipatici e devo dire che, se non fosse per la mia morbosa passione nei confronti di tutto ciò che è Death metal, non lo sarei nemmeno andato a cercare.

“I miei sei lettori” (permettetemi questa presuntuosissima citazione manzoniana) di sicuro si staranno consumando nel tentativo di spiegarsi quanto appena detto: ed è invero molto semplice, perché detesto profondamente i Reek Of Shits da quando, con il loro precedente lavoro “I Can Feel Your Wounds Are Bleeding” , hanno pubblicato una delle copertine di peggior gusto e più indecenti di tutta la storia del metal (peggio di “Filth” dei Waco Jesus). Mi ricordo che, all’epoca, mi rifiutai di comprare il cd e ora mi sono “procurato” questo nuovo album solamente per sentire che roba fanno, senza dargli la soddisfazione di comprare un cd con una cover come quella. Capirete quindi che sono partito molto prevenuto nei confronti di questa band proveniente dalla Repubblica Ceca e che continua a campare dal 1998: ma il voto testimonia che, almeno in parte mi sono dovuto ricredere.

La proposta, come si può evincere dal nome del gruppo e dell’album, è quella di un Grind con molte influenze Death e di tematiche prettamente macabre e Gore; detto ciò, sono sicuro che le vostre perplessità saranno aumentate dal momento che gruppi del genere oramai si sprecano. Tuttavia un ascolto cambia le carte in tavola e prova che i 'Reek Of Shits' non seguono la strada cosiddetta “mosh” (cioè quella del sound pastosissimo e votata all’estremismo più sterile) ma riprendono la scia dei primi Carcass. I nostri cinque Cechi sanno come si suona e sanno come si scrivono le canzoni di questo genere: buona tecnica (anche se non stratosferica) e songwriting veramente ottimo. E’ un peccato che il sound in generale non funzioni se non in qualche episodio riuscito in maniera eccellente.
Il lavoro dei chitarristi è buono, non molto tecnico (come impone il genere) ma abbastanza da dare al cd un’ aria più che dignitosa. Inutile aggiungere che i riff sono dei macigni veri e propri e che riescono a creare un tappeto di suono infinitamente compatto: non rinunciano però ad una certa componente quasi rock, che emerge in più episodi e che secondo me fa scadere il lavoro. Sono infatti convinto che le canzoni più convincenti siano proprio quelle in cui si sente maggiormente la pesantezza e la pura devastazione che questi tizi riescono a generare.

Canzoni come “Porno Hazard” (dal titolo indubbiamente demenziale), “Symphony Of Assassin” o “On The Anatomy Desk” ben si prestano a simboleggiare ciò che intendo dire: pesanti, cupe, mai troppo veloci e in grado di sprigionare un clima inverosimilmente violento. Il batterista offre una prestazione buona ma, alla stregua degli altri suoi compari, non strabiliante; tanti blast beat, tanti rallentamenti e una grande varietà di ritmi (mancano però quei passaggi che fanno la differenza). Il bassista, come da copione, potrebbe anche non esistere che tanto nessuno sentirebbe la sua mancanza. Non si può dire altrettanto per il cantante, ausiliato da uno dei chitarristi: infatti la prestazione vocale è veramente ottima e varia, capace di spaziare dal più profondo e cavernoso growl agli screaming più laceranti.
Come già accennavo prima, però, il lavoro nel totale raggiunge appena la sufficienza. Infatti gli unici pezzi veramente degni sono i tre da me prima citati: chi conosce il genere potrà tranquillamente fare a meno degli altri undici, cosa che non è affatto un buon segno. Con questo non voglio dire che facciano pena, ma che facciano crollare il livello del disco a qualcosa di già sentito milioni di altre volte. Impeccabile il lato compositivo, che si distingue per il numero di idee e per la grande varietà, ma il sound è scadente e finisce per ripetersi all’interno del disco e a ripetere un modello già sperimentato in mille modi. Delle quattordici brevissime canzoni (durata media due minuti) se ne salvano quindi poco più di un terzo e, come recitava un celebre “poeta” contemporaneo, “tutto il resto è noia”.

Ancora una nota di merito alla produzione, che privilegia i suoni di chitarra ma riesce a tenere in vita anche la voce e gli altri strumenti. In conclusione, questo “Bloody Obstetric Technology” è un album che ha un capo e una coda, ma non serve né a dare una buona dose di piacere al metallaro esperto né ad iniziare quello novello: un’uscita discreta, ma niente di più.

Elenco tracce e video

01   Bloody Obstetric Technology (01:45)

02   Porno-Hazard (01:27)

03   World of Shits (01:18)

04   Symphony of Assassin (02:59)

05   Death March Slaughter Pigs (02:17)

06   On the Anatomy Desk (01:57)

07   List of Guts (02:15)

08   Brutal Date (02:51)

09   Grabbing's Pain of Ingrowing (02:02)

10   Anal's Lesson One (02:10)

11   Sadistic Dentist II (02:38)

12   Legal Necrofilia (01:54)

13   Bloodthirsty Bastard (02:06)

14   Condemn to Death (Heroin) (03:20)

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