Portare avanti con freschezza e determinazione uno stesso genere da 20 anni non è affatto facile, probabilmente si potrebbero contare sulle dita di una mano. I Reverend Horton Heat ci provano con esiti altalenanti, soprattutto in questi ultimi anni anche se restano un terzetto che in sede Live dimostrano tutta la loro abilità e violenza musicale accumulata negli anni. I primi dischi rappresentano invece uno dei vertici dello Psychobilly di sempre, con singoli in grado di entrare nella storia del genere.

Nel 1994 tirano fuori il terzo album di studio, "Liquor in The Front", e riescono a raggiungere i risultati espressivi dell'esordio di 3 anni prima; c'è da dire che "The Full Custom Gospel Sounds", secondo lavoro del terzetto texano, non era stato in grado appieno di eguagliare il suo predecessore: aveva dei buoni spunti ma aveva leggermente deluso. La qualità indubbiamente c'era e l'avevano dimostrata anche in quell'occasione, così la Sub Pop (la mitica etichetta del Grunge) decise di andare avanti affidando John Heath, il Reverendo, e i suoi due compagni, che erano rimasti Jimbo Wallace al basso e Taz Bentley alla batteria (quest'ultimo li mollerà poco dopo), un produttore d'eccezione: Al Jourgensen, il Deus Ex Machina dei Ministry. L'influsso di una delle figure simbolo dell'Industrial si sente: i Reverend Horton Heat tirano fuori un disco devastante, al fulmicotone. L'effetto è quella di una sonora fucilata esplosa da distanza ravvicinata, infatti le canzoni volano una dietro l'altra e ti vien quasi complicato seguire la sequenza dei brani uno per uno, leggendo il retro ti rendi conto che sono ben 13 per 35 minuti.

L'andazzo è già chiaro con il trittico di partenza: "Big Sky/Baddest Of The Bad/One Time For Me", una meglio dell'altra (l'ultima di questa serie sarà scelta anche come singolo, anche se le prime due guadagneranno con maggiore facilità il cuore degli appassionati). E' sempre la chitarra elettrica del Reverendo a farla da padrona, al suo fianco una sezione ritmica di altissimo livello ma stavolta c'è la grande aggiunta dello special guest Jourgensen il quale, oltre a fare le veci del produttore, impugnerà anche la chitarra in mano e si sente, in particolare in "Yeah, Right" e "I Can't Surf". Unica canzone che stona è la finale "The Entertainer".

Ribadisco il concetto espresso prima: "Liquor In The Front" e "Smoke 'Em If You Got 'Em" rappresentano gli apici di un gruppo storico per un genere e per uno stile che ancora adesso resiste e attrae un quantitativo di appassionati incredibile, soprattutto nel Nord America. Pensati e suonati in maniera differente, paradossalmente il risultato è simile.

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