Ha la psiche storta e la faccia da dritto, il reverendo. Anche lui manifesta solo due espressioni del tipo: con la chitarra e senza. In nome del padre ha amato il rock n’ roll come se stesso. In nome dei figli ne ha edificato il simulacro per il nuovo millennio. In nome dello spirito santo, sinceramente, non so cosa abbia potuto fare ma credo poco. Appunto, credo poco. Ma ho fede in chi mi dice che fin quando non osservi soddisfatto e grondante di sudore gli smerigli verdastri galleggiare nella tazza del wc – impugnata con veemenza -, non puoi capire la patologia che hai ereditato e di cui resti vittima a rota dopo un ascolto prettamente imperniato sull’emozione. Io dal vivo, per sfortuna, non l’ho mai incontrato questo benedetto reverendo. Amen.
Il mio analfabetismo e la mia sottovalutazione dei generi rockabbilly / psychobilly mi rendono sdegnosi gli spicci del conto che devo pagare, ascoltando le mie coronarie pompare a boogie mentre gli spartiti di questo "Spend A Night In The Box" (2000) consegnano alla terza migliaia di anni a.d. la pariglia dei due generi impomatati a dovere per l’occasione. Ho ricostruito il curriculum vitae et miraculorum di questa banda armata di chitarra, contrabbasso e batteria e l’ho studiato pur avendo poca roba da scartabellare a disposizione. Ma la musica, quella l’ho sentita tutta. Ho fatto stantuffare il pomo d’Adamo al pari dei timpani per induzione musicale. Non è detto che metti i Reverend Horton Heat e ti riduci abbukovski. Ma qualche bollicina, a casa, ci sta proprio bene. Tenendo il gomito a bada, ritengo che questo album sia il migliore timbrato dal monicker Reverend Horton Heat. Perché bilancia perfettamente i due diversi concept artistici di rocka e psycho, si leva il cappello dalla testa al cospetto di chi ha arato i campi ben cinquant’anni prima, non permette alla ruggine di rendere crosta antiquaria una musica strimpellata tecnicamente meglio dei pionieri e che diventa, grazie al suo sgorgare da una cultura molto più evoluta e aperta al vecchio senza paraocchi per il nuovo, un rock n’ roll 2.0.
La titletrack è musica da dancefloor. Tanto per chiosare, bacchette e dita impostano la frenesia ritmica che invita ad un ballo di quelli che fanno alzare la gonna e vedere la mutanda. Un rock n’ roll d’apertura che non pesta brutalmente e che ha le sue promettenti qualità nei solos del reverendo Jim Heat, nella voce dello stesso che non si arrende al tabacco e nelle backing vocals a frequenza costante che instupidirebbero chiunque non stesse a posto con la testa. Ecco, il merletto intrecciato dal primo pezzo ha una trama su cui si sviluppano di volta in volta gli intrecci di brani solari o boogie underground ad elevato tasso di bpm (Big D Boogie Woogie su tutti). Quando ci si mette pure il piano, la vicenda musicale assume connotati qualitativamente inattesi: pare di stare in un saloon dove Elvis e Berry duettano vestiti da cow boy (Sleeper Coach Driver). C’è anche del genio in questo album, ben lesinato ma che sfida la parsimonia in tracce come The Girl In Blue, caracollante invito a fare uso della stessa rivolto a un Tarantino che dovrebbe accettare al rsvp, o Sue Jack Daniels che percorre le strade delle diligenze cariche di verdoni da assaltare, e che mette sul piatto tanta polvere da mangiare. Ricorderà a qualcuno anche una song dei Mano Negra di King Of The Bongo che ora proprio non mi sovviene. Sono le atmosfere goliardiche e mirabolanti, impomatate e brillantinose, infide e malviventi coperte dalla manta di spasso edonista (vedi The Donnas – Spend The Night) a costringermi ad una caporetto delle resistenze. Questi suonano con la stessa scioltezza degli ZZ Top, in una specie Dallas Confidential da composizione morta povera e diventata ricca postuma. E così si prende la storia e la si mette a ballare con le die hard Hand It To Me (ehi pupa…) e I’ll Make Love, dallo spettro d’azione che va da Elvis agli Enuff Z’Nuff, intersecando la perpendicolare dei RHH. It Hurts Your Daddy Bad è la song di questo album. Con la “l” minuscola, appunto. Composta e signorina si fa largo tra le altre canzoni questa che ha influenze pop retrò e sposta decisamente l’asse di inclinazione dell’album verso lo psycho. Iniezioni di buscaglionismo e rock suddista ibridano la linfa di King (attacco che lo ska-punk viene annichilito in 3 secondi) e Whole Lotta Baby. Il boccolo in fronte diventa metallizzato come la canna di un winchester in dorso a un cowboy nella desertica galoppata strumentale di The Millionaire e in Unlucky In Love, asfissiante country ossessivo. The Party In Your Head, il brano di chiusura, è il premio al songwriting dell’intero album che con sfacciata ironia coglie diversi temi boogie ricostruendoli in chiave contemporanea e diversi temi contemporanei riedificandoli in chiave boogie.
Il lavoro agilmente svolto in sala di registrazione dai tre texani è e resterà traccia di una acrobatica ispirazione che marchia il passaggio di un sottogenere a genere vero e proprio, grazie all’esempio dato da un chitarrista prima e vocalist poi, coriaceo e anfetaminico, e da due compagni di viaggio che ne hanno saputo sostenere, amplificandola, la smania di uscire dal deserto e fare un giro per il mondo che ancora oggi è in corso. Se c’erano dogane per il r n’r di nuova generazione del sud degli States, oggi non ce ne sono più. E anche il garage, a vederlo bene, è stato ripulito.
4,5.
Elenco tracce testi e video
05 Sue Jack Daniels (03:23)
last night I had a run in with an old friend of mine
everthing was cool, everyone was feeling fine yea
then he went up and hit me with the old dance floor
lawsutis pending won't be the same no more no!!
I'm gonna sue Jack Daniels for
hitting me with a trunk of a big ol' live oak tree
he hurt me this morning with the bright sun light
I'm gonna sue Jack Daniels for what he did to my face last night
he pushed me into a thorny ol' bush
only about a hundred needles down on my tush
having so much fun with my buddies at the bar
but it wasn't very funny when he made me wreck my car
I'm gonna sue Jack Daniels for
hitting me with a trunk of a big ol' live oak tree
he hurt me this morning with the bright sun light
I'm gonna sue Jack Daniels for what he did to my here I go
Look in the mirror and what do I see
some big ol' cancker sore lookin thing on me no!!!
I'm gonna sue and the lawyer says I'll win
I'm gonna take that money and do it all again
I'm gonna sue Jack Daniels for
hitting me with a trunk of a big ol' live oak tree
he hurt me this morning with the bright sun light
I'm gonna sue Jack Daniels for what he did to my face last night
I'm gonna sue
Jack Daniels
just me and you
gonna have a duel
high noon
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