L'iter artistico/compositivo di Richard Devine - uno dei musicisti e "fonici" più sorprendenti degli ultimi anni - giunge qui, con "Asect Dsect", ad uno stadio più "stabile" e "accessibile". Quello scandagliare il suono(nella sua interezza), che lo aveva  interessato durante la composizione di "Lipswitch" (Warp, 2000) e "Alea Mapper" (Schematic, 2001)  si esaurisce per appianarsi, ordinarsi e rendersi servo di una certa simmetria musicale.

In altre parole, sebbene gli elementi di destrutturazione (e, quindi, di strutturalismo) e di ricerca del suono ci siano ancora, quest'album è decisamente meno radicale dei precedenti. Ed è molto vario: sa essere sia  potente che delicato, sia saturato che pulito. Un collage di ampio respiro, che sceglie, come comune denominatore, la cura dei particolari e lo sconvolgimento auricolare di chi ascolti il cd. Infatti, ascoltato con casse buone o in cuffia, risulta fisico, materico. E nei momenti di esplosione, le orecchie stanno male (per credere ascoltare "Floccus" o "Itsuko").

Parlando di generi (N.B.: va da sè che il termine qui vacilli un po') "Asect Dsect" presenta  i canoni  di casa Warp come le sonorità dell'industrial, strali di sapore glitch come tributi ai vari Subotnick, Feldman e Stockhausen. Probabilmente, non c'è nulla di così originale, forse si potrebbe pensare che siamo di fronte ad un lavoro manierato. Ma sia quest'ultimo aggettivo colto come elogio! Il discepolo  ha studiato e amato la lezione dei maestri, ma vi si è emancipato, imparando a fruirne in maniera personale. E l'unione e la dialettica tra le traiettorie musicali e quella fisicità/materialità di cui parlavo prima, rende il lavoro estremamente originale.

Un masterpiece di musica elettronica prodotto da un genio del laptop e della "synthetizzazione".

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