Il giorno dell'Epifania del 1986 i miei genitori decisero di portarmi al cinema, prima della riapertura delle scuole e del conseguente, ineluttabile, ritorno alle quotidiane catene fatte di tabelline, analisi grammaticale, poesie imparate a memoria, collage ed educazione fisica con palla medica, sbarra flessioni e palla avvelenate.

Molto democraticamente, i miei decisero di farmi scegliere il film che desideravo. Consultai pertanto il Giornalino, settimanale a fumetti a cui ero abbonato ai tempi, trovandomi a scegliere fra Legend di Ridley Scott, con un imberbe Tom Cruise non ancora scientologico, e The Goonies di Richard Donner, prodotto da Steven Spielberg.

Scelsi Legend, ma arrivammo al cinema in ritardo, dovendo ripiegare sui Goonies. Per la cronaca, non ho mai visto il film di Ridley Scott.

Se a ventun anni di distanza mi ritrovo a recensire questo film sulle autorevoli colonne di DeBaser, cercando di riprendermi dalle fresche polemiche derivanti dalla mia precedente recensione ad un "capolavoro" di Antonioni, una ragione vi deve pur essere: non è solo la nostalgia per l'infanzia cantata dagli Ataris in un loro pezzo, "So Long Astoria", ispirato proprio alla saga dei Goonies ed alla (presunta) freschezza dei tempi andati che non ritornano, e non è solamente la necessità di occuparmi di argomenti più lievi di quelli trattati da tanto cinema "d'autore", ma, soprattutto, il rilievo per cui questo film non è affatto invecchiato, ed appare, semplicemente, ed ineffabilmente, bello.

La trama la conoscono probabilmente tutti, e mi limito pertanto a riassumerla ad uso dei pochi che siano curiosi di scoprire il film: un gruppo di ragazzini di Astoria, Oregon, scoperta nella soffitta di casa un mappa appartenuta al pirata Willy l'orbo, partono alla ricerca del tesoro del corsaro, in quella che sarà la loro ultima avventura assieme, prima di essere sfollati dal loro quartiere. Dovranno fare i conti con una banda criminale di origine italiana - il clan Fratelli's, e con gli innumerevoli ostacoli che il pirata ha frapposto fra il proprio tesoro ed i cercatori. Ne varrà la pena.

Tipico film per ragazzi, destinato a parlare, tuttavia, anche agli adulti, i Goonies celebra l'incosciente spirito d'avventura degli adolescenti, la loro inventiva, la capacità di essere gruppo e di sconfiggere, assieme, le proprie debolezze, siano esse un difetto fisico, l'asma, la timidezza, l'arroganza stessa, la paura dell'ignoto (e fors'anche del futuro), sfruttando le consolidate tematiche del Bildungsroman tardo romantico, affini anche allo Stephen King di "Stand by Me". Spingendo i ragazzi a superare i propri limiti, quasi novelli Indiana Jones, il film rilassa anche gli spettatori già cresciuto, forse con il tono amaro di chi non crede ormai più alle favole, dovendo dibattersi fra cambiali, crisi familiari, mancanza di lavoro, ma per un paio d'ore vuole dimenticare tutto questo, ed essere trascinato in una dimensione altra e lontana, come le sconfinate foreste e spiagge del lontanissimo Oregon, le grotte e caverne nelle quali sono riposti il veliero ed il tesoro del Pirata.

Sotto il profilo prettamente tecnico il film non si discute, sia sotto il profilo scenografico che di scelta delle locations, che per quanto attiene al complessivo sviluppo della trama, davvero avvincente nelle tappe che portano alla scoperta del tesoro del pirata e nell'alternarsi di momenti estremamente comici e quasi slapstick con momenti di maggior tensione, sempre edulcorata dai toni briosi del film.

Ottima la scelta degli attori, soprattutto dei ragazzini, come Mickey (Sean Astin, figlio di Gomez degli Addams e futuro Sam Gamgee ne "Il signore degli anelli"), Brand (Josh Brolin, figlio di James, attualmente in Death Proof di Tarantino - Rodriguez), oltre che dei caratteristi Joe Pantoliano, Robert Davi e Anne Ramsey, oltre che dell'ex giocatore di football americano John Matuszak, nella parte del mostruoso "Sloth", morto ahimè nel 1989.

In sintesi, rifuggendo le nostalgie, un film attuale ancor'oggi, un piccolo classico nel suo genere.

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