Impossibile pensare a Strauss senza Salome ed Elektra, senza i rispettivi, drammaticissimi ruoli eponimi, a cui si aggiungono anche l'imperatrice e la moglie del tintore nella Frau ohne Schatten: è anche per il tipo di vocalità richiesta per questi ruoli e per le orchestrazioni enormi che li accompagnano che spesso si tende a considerarlo quasi un continuum di Wagner, eppure, ironicamente, un'ampia maggioranza del repertorio operistico straussiano presenta caratteristiche completamente diverse. Nessuna sua opera successiva ad Elektra (1909) può essere considerata una tragedia, neppure la Frau ohne Schatten, che rimane pur sempre una "fiaba" a lieto fine; abbondano invece le commedie degli equivoci, declinate in ogni possibile sfumatura. In ordine cronologico si parte dal Rosenkavalier, poi Ariadne auf Naxos, Intermezzo, Die ägyptische Helena e Arabella, arrivando infine al 1935 con Die Schweigsame Frau; sono tutte quante interessantissime, alcune meravigliose, e ognuna di esse è un pezzo unico con uno specifico colore, approccio e musicalità, pur partendo da idee di fondo, a livello di trama, apparentemente simili. Die Schweigsame Frau si inserisce perfettamente in questa carrellata di tesori seminascosti, mostrandoci un Richard Strauss veramente inedito e inusuale.

Morto Hugo Von Hofmannstahl, il librettista dei suoi più grandi successi, Strauss si affida ad un altro genio letterario e figura tragica dell'epoca, Stefan Zweig. purtroppo, per ragioni che nulla hanno a che vedere con la musica e con l'arte, Die Schweigsame Frau rimarrà l'unico "prodotto finito" di questa collaborazione, anche se Friedenstag (1938) e Capriccio (1942) come idea originaria sono state abbozzate da Zweig e portate avanti da Strauss con l'aiuto di un altro librettista. Tornando alla Schweigsame Frau, è affascinante notare il netto contrasto con la precedente opera, Arabella, la quale, detto brevemente e un po' rozzamente, è la "sorellina" meno sgargiante e più intima e "cremosa" del Rosenkavalier, con una classica orchestrazione straussiana corposa e di stampo fondamentalmente romantico-ottocentesco. Qui, d'altro canto, ci si chiede: possibile far convivere dissonanze e melodie mozartiane? Certo che si, almeno per Richard Strauss, e con risultati di gran pregio, originalità e spessore.

La Schweigsame Frau è uno degli episodi più anomali del repertorio straussiano, pur essendo comunque meno eccentrica e sperimentale rispetto a Intermezzo; fatto sta che, quando si pensa a Richard Strauss, non viene di certo in mente un'orchestrazione piuttosto snella, in alcuni momenti quasi cameristica, di una vivacità umorale e spesso nervosa, che salta a piè pari dal tardo '700 al '900 ignorando tutto quello che ci stà in mezzo. Il soggetto è ripreso da una commedia (post)elisabettiana neanche particolarmente celebre, "Epicoene, or the silent woman" di Ben Johnson, anche questo è decisamente inusuale per Strauss, ma è ancora più interessate sottolineare le profonde modifiche apportate da Zweig, che trasforma una vicenda dai contorni piuttosto cinici e sarcastici in una sorta di celebrazione della benevolenza. Detta così non suona benissimo, lo so, vediamo di elaborare un po' meglio: nonostante gli attriti che si vengono a creare tra i personaggi dell'opera, a vincere è sempre un'umana, reciproca comprensione e accettazione, che ricompone tutte le farse e i bisticci portando al lieto fine. Considerate il periodo storico e le "limitazioni" a cui erano soggetti il compositore e soprattutto il librettista; l'apparente bovarismo della Schweigsame Frau è una conseguenza logica, e il libretto di Zweig sembra proprio un'allegoria che comunica tra le righe un messaggio ben preciso: restiamo umani.

Strauss, attraverso la musica, ha potuto essere molto più esplicito: sottolinea i momenti più "tesi" dell'opera, che teoricamente dovrebbero comunque essere comici e faceti, con un ampio, secco uso di percussioni, sia determinate che indeterminate e ottoni, mentre le linee vocali spesso si sovrappongono in maniera quasi caotica, creando effetti dissonanti che, in un contesto simile, molto distante dal sontuoso decadentismo simbolista post-romantico di Salome, Elektra e Die Frau ohne Schatten, suonano particolarmente aspri, "fuori luogo". Il mio mondo sta andando a pezzi, sotto la superficie sta nascendo qualcosa di mostruoso: questo è quello che sembra voler dire il compositore con questa scelta stilistica. Alla fine la dolce e brillante melodia mozartiana (richiamo a tempi migliori) trionfa con l'aria finale, "Wie schon ist doch die musik", pace e tranquillità, forse un auspicio su vasta scala. Un'altra cosa che rende Die Schweigsame Frau unica nel repertorio straussiano è il fatto che, a dispetto del titolo, è caratterizzata da un netto predominio della voce maschile: i due ruoli cardine sono Sir Morosus, basso, vecchio irritabile ma dal cuore d'oro e Scheidebart, baritono, deus ex machina della trama e vero e proprio Figaro della situazione, un ruolo estremamante verboso, quasi più recitato che cantato, in stile simil-operettistico, a cui si aggiunge Henry Morosus, tenore, a cui sono legati i momenti di slancio melodico più entusiastico e vivace. Da parte di Richard Strauss, così profondamente innamorato della voce femminile, questa è l'ennesima dimostrazione di un'inestinguibile voglia di proporre qualcosa di nuovo, reinventandosi di volta in volta.

Questa è Die Schweigsame Frau, commedia in tre atti con musica di Richard Strauss e libretto di Stefan Zweig: originale, affascinante, ma non tra i sommi capolavori del compositore bavarese (il che fà capire quanto mi abbia abituato bene). Personalmente ritengo che in alcuni momenti funziona meglio rispetto ad altri, la dicotomia musicale che la contraddistingue (già a partire dal prologo orchestrale) non è sempre facile da apprezzare; in ultima analisi non è un ascolto facilissimo, pur essendo una commedia. Rimane un esperimento intelligente e un documento storico di grandissimo valore, un esempio lampante di come il mondo esterno, soprattutto in periodi di forte tensione, plasmi l'arte in tante forme diverse. Dopo una sola rappresentazione, l'opera fu bandita dalla Germania. Dava fastidio, e non credo che Zweig fosse l'unico motivo; qualcuno si era accorto che oltre a vecchi brontoloni, barbieri furbacchioni e compagnie di musicisti itineranti qui c'era anche qualcos'altro, e quel qualcos'altro, per quanto allegorico, dava comunque fastidio.

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