Au hasard Balthazar è un film del 1966 di Robert Bresson.
È il film “centrale” della sua filmografia, sia perché è il settimo su 13, quindi si colloca esattamente in mezzo tra i primi sei ed i successivi sei, sia perché rappresenta, in parole povere, un punto di svolta nella sua poetica che, inesorabilmente, scivola da una visione ottimistica a pessimistica della vita.
Sebbene venne accolto sia dalla critica che dal pubblico con pareri contrastanti, Godard ne rimase folgorato, Bergman invece lo definì “noioso”, è ad oggi considerato dai più come un film capolavoro/caposaldo del XX° sec.
Au hasard Balthazar, effettivamente, disegna nuove prospettive e traiettorie nel campo della settima arte che saranno scuola ed esempio. Una peculiare scrittura di cinema intesa come scrittura delle immagini, scelte stilistiche, nuovi mezzi per veicolare un messaggio, ad esempio i dialoghi, invero qui assai scarni, che cedono il posto agli sguardi, ai gesti delle mani, alla fissità, alla scelta di figure retoriche spinte all’estremo, di sineddoche.
Sono decine e decine i cineasti debitori, o meglio, che si ispirarono o che tuttora si ispirano al cinema di Bresson, da Godard, appunto, a Bellocchio a Kaurismaki a Wes Anderson.
C’è quest’asino, Balthazar il “puro” (come tutti gli animali del resto) e la sua vita, nel corso degli anni, fatta di lavoro, botte, fatica e qualche carezza (di Marie). La sua vita che passa in mezzo alle miserie umane, alla crudeltà, l’avidità, nulla di buono sotto il sole.
Jacques e Marie son due bambini, che diverranno ragazzi nel corso di un decennio, lui le giura amore eterno fin da piccolo e mantiene la promessa, lei invece…
La recitazione è, a parer mio, piuttosto straniante, forse perché i personaggi sono connotati come “archetipi”, quindi, si rileva l’assenza di una caratterizzazione vera e propria. I personaggi sono perlopiù rappresentativi di un determinato modo di essere. C’è dunque il cattivo, l’avaro, il rassegnato, l’innamorato, l’inquieta e poi c’è lui Balthazar che invece è sempre uguale a se stesso…
Un pianoforte, ed il raglio di Balthazar (accoppiata geniale), aprono e chiudono il film, con un finale tra i più iconici e rappresentativi della storia del cinema.
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