Sono su un'autostrada per l'Inferno...

Quella che percorri non è un'autostrada, ma sull'Inferno ci puoi scommettere.

E' una di quelle desolate e isolate route americane, che attraversano posti dimenticati nel cuore di mamma America. Quando è bel tempo puoi vedere per miglia l'orizzonte: duro asfalto, costeggiato da decrepiti distributori di benzina, pallidi e anonimi villaggi o casupole che si affacciano arse dal sole implacabile del deserto e scosse da perpetui venti. Puoi stare tranquillo, rilassarti che una strada così ti condurrà nel posto dove devi andare. Sonnecchia pure, questa è una di quelle belle strade dritte, metafora di quella che è la vita in questo paese meraviglioso.

Tutto questo fin quando non piove. Le rare volte in cui l'acqua incontra il suolo, sembra che il Grande Idraulico abbia dimenticato di chiudere il rubinetto. La visibilità si riduce a zero, l'attenzione deve salire allo stato di semi-emergenza ed il rischio di trovarsi fuori strada, impantanato è molto alto. E' in questa situazione che le porte del tuo Inferno personale si spalancheranno.

Una figura confusa sul ciglio della strada. Un pollice proteso in segno di stop, di speranza, ti prego fermati fratello... Il piede che inconsapevolmente pigia sul freno. Mamma dice che è sempre sbagliato rimorchiare autostoppisti, ma se lo dice lei significa che sicuramente è giusto farlo e con questo tempaccio poco importa chiedersi che ci fa questo pover'uomo da solo perso nel buco del culo di Fottilandia.

Un impermeabile a coprirne le fattezze, il viso. E quando, una volta accomodatosi Mr Incerata si toglie il cappuccio, hai forse già capito di aver staccato il tuo personale biglietto di sola andata per Belzebù House.

Gli occhi.. Madre Natura non dovrebbe permettere di crearne di quel colore... Di un azzurro ghiaccio, penetranti, ipnotizzanti. Bravo, devi distogliere lo sguardo. Guarda avanti, guarda la fottuta strada che ti ha riservato questo bel regalino per l'ultimo giorno della tua schifosa vita. E' normale parlare con uno sconosciuto del più del meno. Assolutamente no quando gli chiedi chi è e lui ti risponde di essere un assassino...

"...è quello che ha detto anche l'altro" "Quale altro?" "Quello che mi ha dato un passaggio prima di te, ma non poteva arrivare lontano" "E perché?" "Perché gli ho tagliato le gambe, le braccia e la testa e, adesso, farò altrettanto con te...

Terribile, cattivo, comprensivo e lucido, John Ryder, questo è il suo nome (vero o falso non importa) ha una missione: quella di trasformarti da innocuo micio in tigre predatrice. Perché potrai scappare, nasconderti ma lui ti troverà sempre oh, puoi starne sicuro che ti troverà. Hai un solo modo per liberarti di lui... Chiamare la polizia? Suvvia Jimmy boy, ma sei così banale? No, Jimmy devi farlo fuori con le tue stesse mani, sporcarti del suo sangue, condividere anche solo per un momento l'estasi di globuli rossi impazziti che schizzano dalle vene ed imbrattano il tuo bel visino. Ciò servirà a qualcosa Jim? Forse sì, ma forse no. Forse un po' di quella lucida follia la porterai per sempre con te. Forse tu sei la peggior vittima e non superstite delle brame di Ryder.

E quando le tua mani sporche del suo sangue saranno ripulite, potrai crogiolarti nel riprendere il tuo viaggio. E ricordati di cosa eri prima e di cosa sei adesso. Tutto il resto lo perderai, come questa strada si perde nel cuore di questa America o, più semplicemente, come diceva quel film... come lacrime nella pioggia...

"The Hitcher" è figlio naturale della celebre opera prima di Spielberg, "Duel". Una trama thriller prestata alla più classica situazione da road movie: un coast to coast per riconsegnare un'automobile. Il Male non ha il peso e la forza di un autoarticolato ma le nobili fattezze di Rutger Hauer, indimenticato androide Roy in "Blade Runner", qui nel ruolo del serial killer John Ryder. Monumentale l'interpretazione di Hauer, un attore troppo spesso snobbato, forse perché per sempre imprigionato in questi due ruoli. Hauer ruba letteralmente la scena. Tale è la sua interpretazione che quasi immediatamente si simpatizza con il terribile serial killer, quasi si confondono i ruoli del buono (Jim Halsey, interpretato da Tomas Howell) con quello del cattivo.

John Ryder rappresenta, se vogliamo, la versione vegetariana di Hannibal Lecter. La sua intelligenza, il suo distacco, la sua fredda ironia hanno la capacità di confondere su quali siano le sue reali intenzioni nonché quale debba essere il ruolo del cattivo in un thriller. Egli non si limita a fare del male, ma sullo scenario dei suoi misfatti ci imbastisce un rave party.

In un'epoca di polpettoni metafisici dal carattere paranormale-psicologico, questo film potrebbe facilmente essere etichettato come "superato". Si potrebbe facilmente credere che le nuove frontiere della suspense debbano essere ricercate nelle pause ragionate e nelle riflessioni, ma qui nessuno vuole fare il Mereghetti di turno, e quando un film come questo vi incolla dal primo all'ultimo minuto allo schermo, inebetiti, con i vostri popcorn oramai ammaffuti, significa che forse forse le nuove frontiere ancora devono essere tracciate.

Serrato dall'inizio alla fine. Un classico.

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