Ricordo di essermi soffermato ad ascoltare “Organik” in una discoteca, così per caso. Pur non sapendo a chi fossero accreditate le melodie di questo album, riuscì a farmi dire dal dj che si trattava di un certo Robert Miles. A distanza di due giorni acquistai il dischetto in questione. Devo precisare subito che quest’album, grazie al cielo, non ha niente a che fare col precedente successo commerciale (il singolo “Children”), e si discosta pure parecchio dalle sonorità dell’album che lo contiene. “Organik” , è parecchio successivo all’ esplosione dell’artista italiano (il nome vero è Roberto Concina) e con la dance intesa in senso classico (cioè pezzi da ballare), non ha in effetti granchè da spartire.
In questo suo lavoro, utilizzando la definizione affibbiatagli da un sito anch’esso italiano, “l’ elettronica c’è, ma è coniugata in maniera scomoda e ricercata”. Niente di più azzeccato. E’ incredibile, “Organik” comunica un talento espressivo ed è miscelato con un senso del gusto insospettabili, almeno per un dj con determinati trascorsi artistici. Non ho avuto la fortuna di ascoltare altri lavori oltre questo e “Children”, quindi lo ammetto, non conosco il suo percorso evolutivo, ma dal ‘95 al 2001 (anno di pubblicazione di “Organik”) il salto qualitativo compiuto è a dir poco pazzesco. Faccio menzione di alcuni brani, ma praticamente potrebbero costituire una traccia unica. I diversi capitoli della medesima colonna sonora di uno stato di trance (in cui si cade ascoltando quest'album). “Tsbol”, pezzo d’ apertura quasi chill-out, prepara il terreno all’incedere delle sensazioni che attendono chi ascolta. “Trance Shapes” dai suoni raffinatissimi, è arrangiata e congeniata magistralmente. Prima inquieta, poi c’incalza, si concede aperture melodiche senza mai smorzare le dinamiche del brano. Alta scuola anche in “It’ s All Coming Back”, che parte un po’ in sordina ma subito dopo rivela tutto il pregio dei suoi suoni, è davvero ben arrangiata anche nelle partiture di basso. Subito dopo segue la splendida “Pour Te Parler”, interrotta nel mezzo da una raffinatissima digressione acustica (ricordo che fu proprio questo passaggio a colpirmi). “Wrong”, il ritmo dell’urgenza e del panico, in cui ancora un basso pulsante scandisce il tempo delle nostre sensazioni. E così via sino ai tre brani conclusivi in cui Robert si concede anche episodi di sperimentazione sonora, che, per la verità, trovo essere un po’ troppo ermetici.
Comunque un gran disco. Ed anche se non ci è concesso sapere di quale particolare tipologia di pasticche miracolose fa uso Robert Miles per farsi venire certe idee, dobbiamo riconoscergli l’intelletto e la classe degna d’un lucido arrangiatore.
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