Comunemente si ritiene che l'arte cinematografica sia stata possibile grazie a quanto realizzato dai grandi registi (e di questi ognuno di noi ha in mente una lista di nomi che ora eviterò di citare giusto per non dimenticare qualcuno) . Ma ritengo altrettanto doveroso considerare quegli autori meno noti, i cosiddetti registi di secondaria importanza (o comunque autori di culto o nicchia) che hanno svolto un lavoro di cosiddetto artigianato di valore, creando interessanti b movies rivalutati poi nel corso del tempo .

In questo novero una menzione speciale merita un regista come Roger Corman che, operando dal 1955 al 1971, si caratterizzo' per la realizzazione di film di genere horror a basso costo ma forieri di lauti incassi al botteghino . Il suo nome è solitamente associato alle pellicole tratte dai racconti di Edgar Allan Poe (i celebri "Tales of grotesque and arabesque "), all'epoca apprezzate dal pubblico. Fra i vari film di Corman però c'è un titolo molto particolare e che, a mio avviso, merita di essere rivisto anche per ritrovare intatto lo Zeitgeist (il cosiddetto spirito dell'epoca) di fine anni 60 ovvero " The trip" (uscito in Italia con l'orrendo titolo "Il serpente di fuoco " giusto per sviare e non sconvolgere troppo il giovane pubblico dell'epoca dal momento che il tema trattato nel film riguardava le famigerate sostanze stupefacenti ).

La trama dell'opera (uscita nel 1967 in piena Summer of love e flower generation) è molto semplice : un certo Paul Groves (interpretato da Peter Fonda ) è un pubblicitario affermato che attraversa una crisi nel menage coniugale (qui la sceneggiatura non specifica troppo le ragioni della situazione, dando per scontato che Sally , la moglie di Paul, sia infedele). Forse per reagire a questa situazione (e a superare una sorta di sindrome dell'abbandono) il protagonista opta per provare l'acido lisergico per la prima volta, fornitogli da uno spacciatore provvidenziale (interpretato da Dennis Hopper) e assistito da Bruce Dern nei panni di una specie di guru psichedelico di nome John . Ma se dopo l'assunzione della tavoletta di Lsd Paul prova sensazioni gradevoli (tipo amplessi appaganti con l'ex moglie), dopo poco incominciano visioni angoscianti (quello che in gergo si definisce bad trip) e il guru spaventato inopinatamente si allontana, lasciandolo in balia di allucinazioni terribili (tanto da fargli esclamare di sentirsi morire proprio come Peter Fonda aveva realmente detto tempo addietro a John Lennon che ne fece cenno nel testo della canzone "She said she said" incisa nel 1966..). Queste sono forse indotte da traumi inconsci e paure regresse, fatto sta che Paul avverte di essere braccato da cavalieri bardati con paramenti di color cupo (e uno di loro spicca per presentare il volto scoperto e truccato di bianco, forse a rievocare il personaggio della Morte nel film "Il settimo sigillo" di Bergman) .

Il viaggio lisergico prosegue con il protagonista vagante per il Sunset Strip di West Hollywood, dentro e fuori da locali notturni in cui alcune ballerine, fasciate da luci stroboscopiche, si dimenano nude o quasi al ritmo della musica psichedelica della band Electric Flag, mentre alcuni poliziotti cercano di catturare Paul Groves. Questi cerca scampo entrando anche in appartamenti di estranei e conoscenti soffermandosi a ragionare di questioni esistenziali. Al colmo delle sue bizzarre peregrinazioni notturne , il protagonista ha l'imprevista fortuna di incontrare una donna di nome Glen che gli confessa il suo interesse verso le persone che provano l'Lsd, tanto che i due si dirigono verso una villa presso il mare e qui consumano infuocati e caleidoscopici rapporti sessuali. Alla fine di questa lunga e caotica notte lisergica, Paul Groves si alza dal letto, va sul balcone della villa per respirare un po' di aria fresca e, alla domanda di Glen su come giudichi questo suo primo trip di Lsd, preferisce rimandare la risposta al giorno successivo.

Detto della trama , rivedendo a distanza di tanto tempo il film di Corman resto sempre incuriosito dal fatto che, basato sulla sceneggiatura scritta da Jack Nicholson che si ispirava sia ai suoi precedenti guai familiari con la prima moglie, sia alla sua assunzione di tavolette di Lsd, resti un'opera in presa diretta (anche il regista e gli altri attori avevano pensato bene di sballarsi con l'acido giusto per vedere l'effetto che fa..) . E quindi le sequenze filmiche sono specchio fedele di cosa significasse allora applicare la filosofia sperimentale di Timothy Leary che invitava a provare certe sostanze staccando la spina dell'ego razionale, lasciandosi trasportare dalla corrente e allargando così la coscienza (era anche il senso sotteso al testo di "Tomorrow never knows", altro brano dei Beatles inciso nel 1966). Naturalmente il viaggio non era garantito risultasse indolore se chi lo faceva era un soggetto dall'equilibrio fragile a seguito di traumi pregressi e remore inconsce. E, last but not least, pensare che l'assunzione di sostanze stupefacenti fosse la chiave di volta per vedere diversamente la realtà tanto da poterla cambiare non si è poi dimostrata un'efficace mossa rivoluzionaria da parte dell'allora movimento hippy, assorbito e neutralizzato dall'odiato establishment capitalista.

Oggi, a distanza di così tanto tempo, restano comunque interessanti documenti artistici di quell'epoca e certamente il film "The trip" di un regista come Corman è uno di questi . Non foss'altro per ricordarci che alcuni, in quella società di consumi dilaganti, cercavano una via di fuga sballata da una realtà alienante . Oggi invece, in questa inedita fase storica, non occorre sballarsi per rendersi conto che è la stessa realtà ad essere un bad trip..

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