[Contiene anticipazioni]

Il nuovo film di Ron Howard non è sicuramente un capolavoro, ma vanta alcuni elementi strutturali di pregio che mi sarei aspettato invece di elencare tra i difetti di un film di questo tipo. Partendo dalla fine, un film d'avventura che vede l'uomo in fin dei conti sconfitto è già qualcosa di insolito. Il pregio di fondo è questo: l'epopea che sta alla base del romanzo di Melville non è un'epopea. È un fallimento, uno scabroso scontrarsi coi limiti dell'uomo di fronte al potere quasi demoniaco della natura. Il nucleo concettuale è questo: il primo ufficiale Chase e il capitano della nave Pollard si credono inizialmente invincibili, ma le parole che il primo rivolge all'altro sull'isola deserta sono chiare: dopo tutto quello che hanno passato, come si può ancora dire che l'uomo sia padrone del mondo?

A questa lettura se ne affianca una seconda, di carattere più empatico: prima i marinari esultano, bagnati dai vapori sanguinolenti della balena uccisa, ma alla fine Chase potrebbe fiocinare la balena bianca e decide di non farlo perché vedendo la ferita lasciata dal precedente arpione coglie il dolore dell'animale. In questo senso la sua carica distruttiva assume un significato ben più intimo e non tanto metaforico. Miyazaki aveva affrontato un tema simile nella Principessa Mononoke: il demone non è altro che un animale ferito.

Il film quindi si mantiene ben alla larga da schemi narrativi trionfalistici e di ciò ne giova soprattutto la seconda parte. La prima è invece incentrata sulla rappresentazione dei caratteri super-omistici del protagonista e risulta quindi un po' bidimensionale. Howard tende ad appiattire le dicotomie e renderle eccessivamente evidenti. Tra il capitano Pollard e Chase si crea un contrasto quasi macchiettistico per quanto esasperato e privo di sfumature, almeno inizialmente. Si legge una certa mancanza di maturità nella scrittura della sceneggiatura anche per il fatto che uno dei due uomini è palesemente nel torto mentre l'altro pare un veggente in ogni cosa che fa.

Fortunatamente con lo sviluppo della trama questi contrasti secchi vengono sfumati e i personaggi hanno una loro notevole, per quanto mai troppo approfondita, evoluzione. Anche il rapporto tra i due piani diegetici funziona e il racconto ha effetti anche sul presente del narratore di secondo grado Thomas Nickerson. Certo, sempre esiti schematici, ma meglio di niente. Anche il percorso di formazione di Nickerson giovane è accettabile seppur ridotto davvero all'osso.

Per il resto il film non brilla, ma non è nemmeno da buttare. Alcuni passaggi sono esteticamente piacevoli e cromaticamente accattivanti, ma altri risultano troppo leccati e illuminati da luci innaturali, come nel momento in cui Chase tenta di fiocinare la balena: sembra Zeus nell'atto di scagliare un fulmine. E poi ancora: la claustrofobia di alcuni momenti, il senso di precarietà e il terrore sono ben resi, ma in alcune sequenze d'azione i cambi di inquadratura sono fin troppo frenetici e si sommano al già caotico movimento della nave in mare. Insomma, non un film brillante ma tutto sommato godibile, anche perché racconta una parte della vicenda legata a Moby Dick decisamente meno nota.

6/10

Carico i commenti...  con calma