“La volgarità peggiore è la mancanza di sence of humor, signora”.
Se ricordo bene è ciò che Gianni Clerici ha raccontato di aver detto ad una signora, appunto, che aveva definito volgare uno scambio di battute tra lui e Rino Tommasi, non proprio da educande dalle Orsoline.
Sul rapporto donna-umorismo anche io ho da dirne una. Ho scoperto che “il creatore” di Lamù era in realtà una donna quando il fumetto fu pubblicato su una rivista, credo, della Granata Press. Anni addietro ero stato in grado di apprezzare l’umorismo dell’anime, sgombro da preconcetti grazie alla mia ignoranza, e fatta quella scoperta mi toccava prendere atto che quell'umorismo era farina del sacco di una donna. Esistevano dunque donne con sence of humor. Confesso che fu una piccola rivelazione. Fino ad allora avevo vissuto con la convinzione che l’umorismo non fosse una qualità femminile, che le donne fossero in grado di apprezzarlo ma non fossero in grado di dispensarne.
Maschilismo da uomo delle caverne e preconcetti da età della pietra, sentenzierebbero probabilmente le chiamate in causa. Si, può essere che ci sia stato un po’ di tutto questo ad aver ficcato nella mia mente di adolescente quella convinzione, d’altronde sono un maschio grebalo, influenzabilissimo da clichè culturali e che si lava poco per giunta. Se vado indietro con la memoria però, devo dire onestamente di non ricordare di avere incontrato fino a quel momento, persone di sesso femminile che in qualche occasione mi avessero fatto ridere. Scoprire che Lamù era opera di una donna, mi aiutò a spostare un po’ il punto di vista sotto questo aspetto.
Sempre le chiamate in causa potrebbero farmi presente che ci sarei potuto arrivare molto prima e con della logica da prima elementare. Il solo fatto che tante donne passano gran parte della vita assieme ad un uomo avrebbe infatti dovuto farmi intendere che ciò è possibile solo accettando che loro dispongano di uno spiccatissimo sence of humor.
Io però sono indietro come la targa del rimorchio e mi ci è voluto qualcosa in più.
Ma qui di fianco c’è la copertina di. Ranma ½, dimenticavo che è quello ciò di cui volevo parlare.
Per quello che ho letto, mi pare che sia l’opera con cui Rumiko Takahashi chiuda un primo periodo del suo lavoro. Un periodo in cui l’umorismo ha costituito uno degli elementi più caratterizzanti del suo stile. Con Inuyasha a mio parere ha provato strade un po’ diverse, in cui l’umorismo è sempre presente ma a me risulta un po’ telefonato, costruito con schemi già sfruttati e quindi perda un po’ forza rispetto agli altri ingredienti della proposta.
Considerando quindi il primo periodo della sua carriera, e lasciando da parte le raccolte di racconti, personalmente considero Ranma ½ un’opera certamentedivertente ma forse meno riuscita delle precedenti. Non è presente una trama ben organizzata e destinata ad un pubblico abbastanza “maturo” come in Maison Ikkoku e non ci sono i livelli di follia e spontaneità di Urusei Yatsura. Può però essere considerata un buon bigino degli elementi stilistici sviluppati fino a quel momento. L’umorismo continua ad essere un elemento importate, lo si capisce dal fatto che le trasformazioni a cui sono soggetti i personaggi a contatto con acqua calda o acqua fredda, idea base dell’opera, servano più a creare situazioni ridicole/spiritose che nodi narrativi importanti. Per dire, se la trasformazione di Ranma in donna fosse stata tenuta segreta ad Akane, avrebbe potuto servire in qualche modo per creare una tensione narrativa di lungo respiro nella loro storia sentimentale, ma viene resa nota quasi subito a tutti e a quel punto serve più che altro a creare situazioni per lui imbarazzanti.
Per quanto riguarda l’impianto di base c’è un passo indietro rispetto a Maison Ikkoku, ed un ritorno verso la formula di Lamù. Si fa di nuovo uso del fantastico; il principale target di riferimento torna quello dei ragazzini delle superiori; e la struttura narrativa è di nuovo costituita da una serie di racconti di singole situazioni inserite in una trama generale che, per diversi capitoli viene lasciata in stand-by e ogni tanto viene fatta procedere con il contagocce. Personalmente avverto però l’impegno a mantenere una certa compattezza, a non far perdere troppo il filo del discorso.
La caratterizzazione dei personaggi è al solito realizzata con pochi e ben definiti elementi distintivi, sia sotto l’aspetto caratteriale che grafico. L’idea che mi sono fatto è che l’autrice, come tanti autori manga della sua generazione, sviluppi gran parte dei sui personaggi partendo da una mangiata di caratterizzazioni base, (es.: l’uomo o la donna anziani di piccole dimensioni alla Sakurambo, Happosai, Obaba), e aggiunga solo pochi dettagli ben studiati. E sia molto abile in questa tecnica, tanto da non risultare quasi mai ripetitiva.
Il suo stile grafico è tra i più riconoscibili ed emblematici del fumetto giapponese. L’apprezzo anche sotto questo aspetto. Appartiene a quella schiera di disegnatori che riesce a conferire precise sembianze, definire le espressioni ed esprimere il proprio stile con pochi segni precisi e consapevoli. In Ranma ½ lo stile viene affinato rispetto alle opere precedenti e questo è uno dei suoi valori aggiunti.
In ambito umoristico in quest’opera si trovano idee divertenti disseminate lungo tutta la storia. Il meglio però a mio giudizio Rumiko Takahashi lo aveva già dato nelle due opere precedenti.
Le virgole sono state messe un po' a caso ma non ho tempo di rimediare, e non ci sono cenni alla trama, non credo di sia qualcuno che vada informato a riguardo.
Saluti.
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